History of the Peloponnesian War
Thucydides
Thucydides. Della storia di Tucidide volgarizzata libri otto. Anonymous translator. Florence: Tipografia Galileiana, 1835.
Nicia poi con tutto che egli stimasse giunte a mal termine le proprie cose , pure uon voleva allargarsi a parlare della debolezza di quelle; nè col decretare manifestamente la ritirata tra molti, darne sentore ai nemici ; avvegnaché così facendo, quando vi si risolvessero avrebbero maggior difficoltà a tenersi celati. E gli porgeva ancora qualche speranza il sapere ( per i ragguagli che avea più de’suoi colleghi) come lo stato de’ nemici
diverrebbe peggiore del suo o\e si persistesse neirassedio, perchè dovrebbero rifinirsi per mancanza di denaro; tanto più che gli Ateniesi, colle navi che ora avevano, signoreggiavano più ampiamente sul mare. Oltre di che vi erano in Siracusa alcuni che volevano voltare il governo in mano d’Atene, e a lui mandavano avvisi e lo confortavano a non partire. Le quali cose non ignorando Nicia stava in fatto tuttor con l’animo intra due, e differiva a decidersi, ma colle parole mostrava chiaro che non avrebbe levato il campo. Saper lui bene, diceva, che gli Ateniesi non approverebbero questa partita senza avterla essi da per sé decretata , poiché su i capitani sentenzeranno non quelli che com’ essi avessero avuto sott' occhio lo stato delle cose , o che non dessero retta alle altrui imputazioni, ma tali che si lasceranno persuadere dalle belle parole di chi voglia metter loro in discredito ; gridare ora molti, pròseguiva, anzi i più de’soldati, che si trovano in gravi mali, ma tornati in patria grideranno al contrario che i generali son partiti corrotti dal denaro. Però non voler lui che conosceva la natura degli Ateniesi morire per mano di loro con turpe accusa ed ingiustamente, più presto che per le mani de’nemici, ove bisogni correr questo rischio , lungi dai clamori d’nn giudizio. Aggiugneva che i Siracusani erano anche in peggior condizione di loro, poiché tra le paghe che avevano i soldati forestieri, tra le altre spese per i presidii delle circonvicine cittadelle, e tra il mantenimento di flotta considerabile che già durava da un anno, trovavansi in parte fin d’allora alle strette, in parte non avrebbero poi saputo come trarsi d'impaccio ; poiché avevano già speso duemila talenti, e molti più ne avevano in debito. Che se venissero a diminuirsi un nonnulla gli apparecchi col non pagare i soldi, le cose loro, consistenti in truppe ausiliarie più presto che stabili come le ateniesi, erano andate. Laonde egli diceva che doveasi continovare l’assedio, e non levarsene vinti dal pensiero che i nemici fossero di gran lunga superiori in denaro.Stava jNicia fermo nella sua proposta perchè era esattamente informato dello stato di Siracusa e della mancanza del denaro, e perchè ivi erano persone desiderose che il governo venisse in mano degli Ateniesi, le quali gli facevano intendere che non si levasse dall’assedio. Oltre di che si era lasciato vincere dalla fiducia che avea concepita maggiore di prima almeno quanto alle navi. Demostene però non approvava per verun conto il rimanere all’ assedio ; e se non si voleva ritirare l’esercito senza il decreto degli Ateniesi, ma trattenersi in Sicilia, diceva che bisognava far ciò col passare a Tapso ovvero a Catana, donde colla fanteria potrebbero voltarsi a correre gran parte della campagna, e danneggiare i nemici devastando le cose loro ; che colla flotta combatterebbero in alto mare ed all’aperto invece che in luogo angusto ( lo che era più vantaggioso al nemico ) ; che allora potrebbero giovarsi della propria perizia ; e che non dovendo fare impeto o vogare a terra in breve e circoscritto spazio , sarebbero padroni di ritirarsi e di assalire. Insomma protestava non piacerli in niun modo il rimanervi più a lungo, e voleva che fin d’allora presti ssi inamente si ritirasse l’esercito senza indugiare ; ed Eurimedonte era in ciò d’accordo con lui. Ma contradicendo Nicia , si sparse pel campo una certa indolenza ed irresolutezza, ed insieme l’opinione che egli stesse alla dura perchè ne sapesse più degli altri. In tal guisa gli Ateniesi temporeggiavano senza muoversi da quel luogo.
In questo erano venuti di ritorno a Siracusa Gilippo e Sicano ; questi fallita l’impresa d’Acragante, perché mentre era tuttora in Gela la fazione che teneva coi Siracusani si era composta all’amichevole ; quegli conducendo molte genti dalla Sicilia ed i soldati di grave armatura dal
Peloponneso, spediti nella primavera sulle onerarie, i quali erano arrivati a Selinunte dalla Libia , ove la tempesta li avea gettati. Ed ivi avute dai Cirenei due triremi e guide per la navigazione, nel loro tragitto si unirono agli Evesperiti assediati dai Libii cui vinsero : di là passarono a Napoli, emporio dei Cartaginesi, donde è brevissimo tragitto in Sicilia, alla distanza di due giornate ed una notte ; e quindi traversato il mare pervennero a Selinunte. Non sì tosto arrivarono queste genti che i Siracusani si preparavano ad assaltare gli Ateniesi da tutte e due le parti, colle navi e colle truppe di terra. Ma i capitani ateniesi vedendo sopravvenute ai nemici nuove milizie, e al tempo stesso, non che migliorare le proprie cose, farsi giornalmente peggiori per tutti i lati, e specialmente perii travaglio delle infermità de’soldati, si pentivano di non essersi ritirati prima. E poiché Nicia non si opponeva più come per l’avanti, ma solo voleva che la cosa non si decretasse in pubblico, intimarono a tutti quanto poterono segretamente che dovessero uscir colle navi da quella stazione, e tenersi pronti allorché fosse dato il segno della partenza. Quando però fu tutto in pronto, ed essi in procinto di partire, la luna che per avventura era in pieno, ecclissò. Di che pigliandosi ubbìa la maggior parte degli Ateniesi, confortavano i generali a sopraslare ; e Nicia, dedito anche un po’ troppo alle superstizioni e cose di tal fatta , disse che non si dovea pur deliberare di ciò, prima di essersi trattenuti tre volte nove giorni come gli arioli ordinavano. Il perchè quantunque gli Ateniesi fossero già in ordine, soprassedettero.
I Siracusani informati eglino pure di questo, tanto meglio si risvegliarono a non lasciar partire gli Ateniesi, sì perchè dalla macchinata partenza deducevano che essi medesimi non si credevano più superiori a loro nè per terra nè per mare , sì eziandio perchè non volevano
lasciarli fermare iu qualche altro luogo di Sicilia ove fosse più difficile il guerreggiarli, ma costringerli a combatter per mare quanto prima, in quel medesimo alloggiamento favorevole alle proprie armi. Però allestivano le navi e vi si esercitavano per alcuni giorni quanti credevano dover bastare; e quando fu tempo nel primo dì assaltarono i muri degli Ateniesi, donde esseudo usciti per una porta non molti fanti gravi e cavalli, i Siracusani interchiudono alcuni dei fanti, e messili in fuga gl’ inseguono ; e per la strettezza dell’accesso gli Ateniesi vi perdono settanta cavalli, e non molti dei soldati gravi.Per quel giorno i Siracusani ritirarono l’esercito , ma nel seguente escono fuori colle navi in numero di settantasei, e al tempo stesso colle genti di terra marciarono verso i muri. Gli Ateniesi si mossero loro incontro con ottantasei navi , e si azzuffarono a battaglia ; ove i Siracusani con gli alleati, vinto prima il centro dell’armata nemica, nella parte concava e più interna del porto colgono Eurimedonte che tenea l’ala destra degli Ateniesi e che volendo chiudere in mezzo le navi opposte avea stangato la sua ordinanza troppo verso terra, e lo rompono insieme colle navi che lo seguivano. Dipoi davano ornai la caccia a tutta la flotta ateniese, e vigorosamente la spingevano a terra.
Gilippo al veder vinte le navi de’ nemici, le quali correvano a terra fuori delle palizzate e del suo alloggiamento, accorreva con parte dell’esercito alla costa con animo di trucidar quelli che sbarcassero, e di facilitare ai Siracusani il modo di trarre a sé le navi ateniesi collo spazzar dai nemici quella spiaggia. Ma i Tirreni che ivi erano di guardia per gli Ateniesi vedendo avanzarsi costoro disordinatamente, corrono ad incontrarli, ed avventatisi sui primi gli fugano, e li rispingono verso la palude chiamata Lisimelea. E siccome poi i Siracusani e gli alleati
vi tornarono più grossi, così gli Ateniesi accorsero ad opporsi loro; e temendo per le navi, appiccaronsi a battaglia con essi, li vinsero, li perseguitarono, uccisero non molli soldati gravi, salvarono la maggior parte delle navi, e le ridussero all’alloggiamento. Nondimeno diciotto di esse vennero in potere de’Siracusani e degli alleati, che trucidarono quante persone vi erano. Tentarono ancora di bruciare il rimanente della flotta , avendo a quest’oggetto piena di sarmenti e fiaccole una vecchia barca da carico; e poiché il vento soffiava verso gli Ateniesi, la lasciarono andare acciò vi appiccasse il fuoco. Gli Ateniesi impauriti per le proprie navi, trovarono dal canto loro degli argomenti per ispegnere il fuoco, estinsero la fiamma , provvidero che la barca non potesse avvicinarsi di più, e così libera ronsi da quel pericolo.Dopo di che i Siracusani ersero il trofeo per la battaglia navale e per aver tagliato il ritorno a’soldati gravi su in terra, ove presero anche alcuni cavalli ; e gli Ateniesi per avere i Tirreni! ributtata la fanteria nemica nella palude , e cacciato essi medesimi il rimanente dell’esercito.
Ma già per questa insigne vittoria navale de’ Siracusani , che prima temevano delle navi sopraggiunte con Demostene, erano gli Ateniesi del tutto scoraggiati, e grandemente stupiti, ed anche viepiù pentiti di quella spedizione. Imperocché, quantunque avessero portato le armi contro Siracusa, allegati con quelle città che sole ornai usavano i medesimi istituti di loro, e si reggevano a popolo com’essi, ed aveauo navi, cavalli e grandezza ; con tutto ciò uon essendo riusciti a mettere riissima discordia tra i Siracusani, o mediante il cambiamento del governo con che speravano di ridurli in poter loro , o mediante gli apparecchi in che erano superiori ; ed al contrario essendo rimasti frustrati nella maggior parte de’ loro disegni , trovavansi anche di prima nell’esitanza. H quando poi furono
vinti colla flotta (cosa che non si sarebbono aspettata), allor daddovero più che mai si persero d’animo.All’opposto i Siracusani scorrevano subito francamente lunghesso il porto, e pensavano di serrarne rimboccatura , acciocché gli Ateniesi, quand'anche il volessero, non potessero uscirne furtivamente. Nè solo si davano premura di procacciar salvezza a sè stessi, ma anche di impedirla al nemico ; avvisando, come era vero, le loro cose essere al presente in miglior grado di quelle degli avversari ; e se potessero vincere gli Ateniesi co’ loro alleati per terra e per mare, dover ilare di sè glorioso spettacolo a tutti i Greci, i quali parte tostamente sarebbero messi in libertà, parte disciolti dal timore. Conciossiachè la Repubblica ateniese con le forze che le restavano non più sarebbe in seguito sufficiente a reggere al fascio di una seconda guerra che le fosse portata addosso ; laddove essi reputati autori di questo , avrebbero fatto maravigliar molto di sè gli altri popoli ed i posteri. E lasciando stare di ciò, era inoltre glorioso quel certame, perchè non solo avrebbero vinto gli Ateniesi, ma anche molti altri de’ loro confederati, non già essi da sè soli ma con gli altri che li aveano soccorsi, e si sarebbero fatti duci de’ Lacedemoni e de’Corintii, ed arebbero esposta innanzi al pericolo la propria città, ed avanzata la loro flotta ad alto grado di potenza. E certo moltissime furono le genti concorse a questa unica città, e solo meno numerose di tutta insieme l’altra moltitudine , che in questa guerra si accolse dalla parte di Atene e di Sparta.
E però io voglio numerare tutte quelle genti che da amendue le parti guerreggiarono a Siracusa, per la Sicilia e contro di lei, o per partecipare con gli uni della conquista, o con gli altri della salvezza ; le quali si misero da una di quelle parti non tanto per titolo di giustizia o di parentela, quanto per interesse o per necessità,
sfondo lo stato accidentale di ciascun popolo. Gli Ateniesi , come Ionii, vennero di buona voglia contro i Siracusani che erano Doriesi, e con essi Lemnii, gl’Imbrii, e gli Egineti che allora tenevano Egina, perchè usavano il medesimo linguaggio e costumanze ; e di più vi si uni« rono gli Estìei abitatori di Esliea in Eubea, perchè colonia d’Atene. Quanto agli altri che si unirono a questa spedi« zione , alcuni erano sudditi degli Ateniesi, alcuni alleati indipendenti, alcuni poi presi a soldo. Tra i sudditi tributani, gli Eretriesi, i Calcidesi, gli Stiriesi ed i Caristii erano delFEubea ; delle isole, i Chii, gli Andrii, i Teii iFIonia, i Milesii, i Samii, i Chii. Tra tutti questi i Chii non pagavano tributo, ma essendo indipendenti li seguivano somministrando delle navi; e la maggior parte di quei popoli sono di origine ionica, e discendono dagli Ateniesi, tranne i Caristii che son Driopi ; onde parte per esser vassalli, parte astretti dalla parentela per essere aneli’essi Ionici, seguivano gli Ateniesi. Oltre ad essieranvi dell’Eolia, i Motimnei con delle navi ma senza pagar tributo, ed i Tenedii e gli Enii tributari!. Questi Eolici combattevano per forza contro i Beozii che pur sono Eolici e fondatori della loro colonia, perchè si erano uniti coi Siracusani. I Plateesi furono i soli tra i BeOzii che per inimicizia, come era da aspettarsi, a viso aperto guerreggiavano contro i Beozii. Quindi i Rodii ed i Citerii, entrambi di stirpe dorica; i Citerii, sebbene coloni dei Lacedemoni, portavano le armi insieme con gli Ateniesi contro i Lacedemoni che erano con Gilippo ; i Rodii , della stirpe argiva, erano astretti a guerreggiare non solo i Siracusani come Doriesi, ma ancora i Geloi suoi coloni che militavano coi Siracusani. Fra gl’isolani intorno al Peloponneso, si unirono a questa guerra i Cefallenii e gli Zacintii, che sebbene indipendenti, appunto perchè isolani erano tenuti a segno con più severità dagli Ateniesi padroni diri mare ; ed i Corfuotti, sebbene Doriesi e Corintii, non furono men pronti a venire contro i Corintii ed i Siracusani , tuttoché coloni di quelli e consanguinei di questi , sotto colore di esservi astretti, in 'vero poi di lor volontà per odio dei Corintii. Furono inoltre assunti a questa guerra quei chiamati ora Messemi di Naupatto, e quei di Pilo tenuto allora dagli Ateniesi; ed anche non molti banditi Megaresi per la disgrazia del loro esilio combattevano contro i Selinunti pur Megaresi. La maggior parte del rimanente dell’esercito si aggiunse a questa spedizione più che altro spontaneamente. Gli Argivi erano dalla parte degli Ateniesi non tanto per debito di alleanza quanto per l’inimicizia dei Lacedemoni ; e ciascuuo di essi per qualche suo presente e privato odio, Doriesi come erano, veniva contro i Doriesi insieme con gli Ateniesi che sono Ionii. I Mautineesi e gli altri Arcadi presi a soldo, avvezzi ad andar sempre contro quei che sieno loro mostrati per nemici ; allora venivano anco per ingordigia del guadagno, stimando niente meno che nemici gli Arcadi condottisi in Sicilia con i (kmntii. I Cretesi e gli Etolii vi erano anch’essi indotti dal soldo ; ed ai Cretesi, fondatori insieme coi Kodii di Gela, avvenne di trovarsi loro malgrado per mercede non co’ propri coloni, ma contro di essi. Parimente alcuni degli Acarnani per guadagno , e la maggior parte per Tamicizia di Demostene e per benevolenza verso gli Ateniesi, de'quali erano alleati, si aggiunsero a loro soccorso. Tutti costoro abitano entro i confini del seno ionico. Fra gl’italiani, militavano con gli Ateniesi i Turii ed i Metapontini in queste angustie di tempi occupati da sedizione ; tra i Siciliani, i Nassii ed i Catanesi ; e tra i barbari, gli Egestei che si erano guadagnati l’amicizia della maggior parte dei popoli dentro e fuori la Sicilia. Finalmente vi erano alcuni dei Tirrenii per ditferenze coi Siciliani, e gl’ lapigii presi a sti- pendio. Cotanti erano i popoli che militavano con gli Ateniesi. 'Dall’altra parte furono a soccorso de' Siracusani i Camarinei loro confinatiti, ed i Geloi die abitano dopo questi ; e per esser calmate le cose degli Acragantini vi vennero anclie i Selinuntii che hanno le loro sedie al di là di essi. Tulli questr abitano la parte della Sicilia che guarda l’Affrica. Quindi gl’ ìmerei da quel lato che è volto al mar Tirreno ove essi soli dei Greci hauno abitazione, e però essi soli di là andarono in aiuto. Tanti erano i popoli greci di Sicilia, e tutti di stirpe dorica e indipendenti, che si unirono in questa guerra. Dei barbari i soli Siculi, quanti non eran passali alla parte degli Ateniesi. Dei Greci fuor di Sicilia, i Lacedemoni con un capitano spartano, e l'altra turba di Neodamodi ed Iloti. INeodamode importa lo stesso che essere ornai libero. Dipoi i Corinti i i soli venuti con navi e truppe da sbarco , ed i Leucadii e gli Ambracioti per titolo di parentela. Dall’Arcadia i mercenarii inviativi dai Corintii, ed i Siciouii costretti a pigliar •le armi ; e dei popoli fuori del Peloponneso, i Beozii. Oltre tutte queste genti venute di fuori, i Siciliani da sè diedero quantità maggiore in ogni genere di milizia, siccome quelli che abitavano grandi città ; poiché vi furono adunate molte soldatesche gravi, e navi e cavalli ed altra turba copiosissima. Ed i Siracusani in confronto di tutti gli altri, per così dire, diedero di più anche in questa occasione, perché abitavano ampia città, e perchè erano esposti a maggior pericolo.
Tanti erano i soccorsi accolli dalle due parti, e già tutti li avevano presenti, e uissuno altro ne sopravvenne nè all’una nè alTaltra. A ragione adunque i Siracusani e gli alleati, dopo la riportata vittoria navale, reputavano bella impresa il vincere anche tutto l’esercito ateniese che era si grande, talché non potesse scampare nè
per la via di terra, nè per quella di mare. Ed a questo fine con triremi intraversate e barche e schifi fermati stdl'ancora serrarono subito il porto grande , la cui bocca è larga circa otto stadii : ed in tutto il resto stavano apparecchiali caso che gli Ateniesi osassero venir novamente a battaglia navale. Insomma per ogni lato a grandi cose intendevano.Gli Ateniesi vedendosi serrare il porto, ed accorgendosi di tutte le altre intenzioni del nemico, stimarono esser da deliberare. Per lo che adunatisi i generali e quei di stalo maggiore, vedendo, oltre la presente penuria delle altre cose, che attualmente non resta van più viveri ( perchè col pensiero di far vela avean mandato a Catana a disdirne il trasporto), e che in seguito non ne potrebbero avere senza una vittoria in mare, deliberarono di abbandonare le fortificazioni che erano dentro terra, e con uu muro vicinissimo alla flotta occupando un circuito il più piccolo che si potesse, tanto che fosse capace delle bagaglie e degl’ invalidi, tenersi a guardia di quello. Quindi risolvevano che l’altro esercito di terra montasse ed empisse le navi tutte, tanto quelle che erano in buono stato che quelle men atte a navigare, e che si venisse a battaglia , nella quale se vincessero si ridurrebbero a Catana ; se no , bruciate le navi si ritirerebbero schierati per la via di terra, ovunque più tostamente potessero arrivare a qualche luogo amico, fosse barbaro o greco. E come ebbero deliberato ciò, così lo recavano ad effetto. Laonde dalle munizioni che erano dentro terra scendevano furtivamente al lido, empievano tntte le navi in numero di centodieci in circa, costringendovi a salire chiunque per età pareva dover esser buono a qualche cosa, e mettendovi a bordo molti lanciatori degli Àcarnani e degli altri forestieri ; e procacciavano in quella strettezza tutto ciò che potesse servire ai loro disegni. E poiché il più delle cose fu in pronto, Micia vedendo clic i soldati per la grande
sconfitta avuta in mare contro il consueto erano scoraggiati , e che per la scarsità dei viveri desideravano di venire prestissimamente al cimento, convocatili tutti, allora per la prima volta prese a confortarli con queste parole :« Valorosi soldati ateniesi e voi altri alleati : l' imminente combattimento deciderà per tutti noi egualmente, non meno che pei nemici, della salvezza e della patria di ognuno ; perciocché se vinceremo ora colle navi , potrà chicchessia rivedere indubitatamente quella che è sua propria città. Ma non bisogna disanimarsi né aver la pecca dei più inesperti tra gli uomini, che vinti nelle prime pugne, nutrono poi continovamente un pauroso pensiero simile a quel delle sconfitte. Anzi quanti qui siete Ateniesi che ornai avete esperienza di molte battaglie, e quanti alleati che con noi sempre militaste, ricordate la stravaganza delle guerre ; e confidando che la fortuna sarà ancora con noi, preparatevi a rinnovar la pugna nel modo dicevole a cotanto vostro esercito, quanto da voi stessi ne vedete.
« Quelli argomenti poi che nella strettezza del porto abbiam visto doverci essere utili contro la moltitudine delle navi che ci verranno addosso, e contro i loro soldati di sovraccoperta, donde prima fummo danneggiati ; tutti questi li abbiamo ora anche noi considerati coi piloti , ed allestiti secondoché il permettevano le cose presenti. Imperocché saliranno sulle navi molti arcieri e lancintori, e tutta quella turba di che non useremmo se avessimo a combattere in mare aperto, perchè la gravezza delle navi nuoce alla perizia del governarle : le quali cose nondimeno ci saranno utili ora che saremo costretti a far battaglia terrestre di sulla flotta. Abbiamo anche trovato di che contrarmare le navi nostre ; ed a difenderle dai grossi orecchioni delle nemiche (dai quali avemmo grandissimo danno), scaglieremo delle branche di ferro,
le quali i soldati adoperando a quell’uopo a che sono state fatte, atterreranno la nave assai itrice sì che non possa retrocedere ; giacche a tal necessità siam venuti da dover far battaglia terrestre di sulle navi. E ci si mostra utile il non dar uoi indietro, e il non permetterlo a loro, tanto più che abbiam nemica la spiaggia, salvo quel tratto che occupano i nostri fanti.« Le quali cose considerando , fa d’uopo che persistiate combattendo con tutta la virilità dell’animo , nè vi lasciale ributtar sulla spiaggia ; anzi quando siate venuti all’abbordaggio, abbiale per viltà il separarvi prima d’aver traboccati giù dalla coverta nemica i soldati gravi. Avvertimento eli’ io porgo ai combattenti più che ai nocchieri, in quanto che questa è opera piuttosto di quelli che pugnano di sul palco della nave. In voi pure, o soldati da terra, consiste anche adesso la maggior parte della vittoria. Ed io esorto e prego insieme voi marinari a non sbigottirvi troppo per le sofferte sciagure, ora che avete miglior apparato sulle coverte ; e voi che senza essere Ateniesi siete reputati tali sì per la perizia del nostro linguaggio, sì per l’imilazione delle maniere, voi, dico, scongiuro a considerare quanto sia da esser conservata quella gjioia che sentivate dall’essere l’ammirazione della Grecia, e dal partecipare non meno di noi del nostro imperio rispetto ai vantaggi di esso, non tanto per il terrore che incutevate ai nostri vassalli, quanto perchè eravate al coperto dalle loro offese. Laonde se voi soli siete liberamente a parte del nostro imperio, è ben giusto che non dobbiate ora tradirlo. Che anzi dispregiando i Corintii cui più volte vinceste , ed i Siciliani dei quali nissuno mentre fioriva la nostra flotta osò nemmeno di starci a fronte, respingeteli ; e mostrate loro che a dispetto della debolezza e delle disgrazie, il saper vostro è maggiore della forza altrui sull’ali della fortuna.
« Ed a quelli di voi che siete propio Ateniesi torno a rammentar che non vi rimangono negli arsenali altre navi pari a queste, nè gioventù militare. Che se altro vi avverrà che il vincere, i nemici di qui navigheranno Subito ad Atene, e la nostra gente ivi restata non potrà resistere ai nemici di là, ed a quelli che sopravverranno. Così voi cadrete subito sotto il giogo de’Siracusani, contro dei quali ben sapete con qual animo veniste; ed i vostri di là sotto quello dei Lacedemoni. Laonde trovandovi a questo certame pel bene vostro e de' vostri concittadini, durate (se altre volte mai) virilmente; e considerate tutti e singoli che quanti di voi saliranno or or sulle navi, sono per gli Ateniesi e fanti e flotta e il residuo della Repubblica, ed il gran nome d’Atene; per le quali cose se uno avanza l'altro d'un poco in perizia e in coraggio, non potrà mostrarlo in occasione più rilevante di questa, per giovare a sé stesso, e salvare r universale ».
Avendo Nicia esortato sì caldamente i suoi, ordinò subito che salissero sulle navi. Gilippo ed i Siracusani , che erano stati spettatori di tale apparecchiamento, avean ben potuto accorgersi che gli Ateniesi vorrebbero combattere in mare ; ed inoltre erano stati per tempo informati del macchinamento delle branche di ferro. Però siccome si erano forniti di che guarentirsi da tutte le altre cose , fecero altrettanto contro quell’ordigno, vestendo di cuoio le prue e le parti più elevate delle navi, affinchè la branca scagliata sdrucciolasse, e non potesse afferrare. E poiché fu tutto in ordine, Gilippo e gli altri generali inanimarono le sue genti con queste parole :
« Che belli fossero i passati fatti, o Siracusani ed alleati, e che per belle cagioni or or verremo a battaglia , ci pare che la maggior parte di voi il sappiate ; essendoché non vi ci sareste messi con animo sì pronto. Se
poi alcuno noi sa quanto bisogna, noi glielo dimostreremo. Diciamo adunque che gli Ateniesi, padroni di un imperio senza dubbio il più grande dei passati Greci e dei presenti, venuti essendo contro questo paese primieramente per soggettarsi la Sicilia, e poi, se vi fossero riasciti, il Peloponneso e il rimanente di Grecia , voi primi tra i mortali vi opponeste loro sulla flotta colla quale aveano essi occupato tutto, e li vinceste in diverse battaglie navali ; e probabilmente li vincerete ora anche in questa. Imperciocché quando gli uomini si trovano repressi in ciò di che pretendono il primato, allora la opinione che loro resta di sé è minore di quello che se prima non avessero neppure avuto tal concetto ; e viste inaspettatamente andare a vuoto le loro giattanze, si avviliscono anche più che non vorrebbero le forze che hanno. E questo pare ora il caso degli Ateniesi.« All’opposto, quel valor nostro primiero, col quale, sebben tuttora inesperti, osammo far fronte al nemico, fatto ora più stabile, ed accompagnato dalla opinione di esser fortissimi perchè su fortissimi avemmo vittoria, porge a ciascuno di noi doppia speranza. Or per lo più, grandissima speranza desta grandissimo vigore per le imprese. Quanto all’avere i nemici contraffatto alcune parti del nostro apparecchio, desse sono ornai consuete alle vostre maniere, e non mancheremo di difesa contro ciascuna di quelle. Ma quando molti de’ loro soldati gravi saranno, contro il solito, sulle coverte ; quando saran saliti sulle navi molti lanciatori terrestri, per così dire, acarnani ed altri, i quali sedendo non troveranno nemmeno il modo di scagliare la freccia ; come non pregiudicheranno alle navi, o come non si troveranno tutti fra sé in disordine, dovendo fare avvolgimenti ai quali non sono usati ? Inoltre la moltitudine delle navi (se vi ha chi teme per avere a combattere con numero non eguale) non sarà
di loro vantaggio ; poiché le molte in luogo angusto riusciranno più lente alle manovre, e più facili ad esser danneggiate dagl’ingegni onde siamo forniti. Tuttavia il vero stato delle cose loro apprendetelo da ciò che noi avvisiamo saper chiaramente. Poiché sopraffatti essi dai mali, e stretti dalle presenti difficoltà, son ridotti alla disperazione di gettarsi nel rischio in quel modo che possano, confidando più nella fortuua che nell’apparecchio delle forze ; per tentare o d’uscire a viva forza dal porto, o di ritirarsi per terra se ciò non riesca ; giacché vedono di non potersi trovare in condizione peggiore della presente.