History of the Peloponnesian War
Thucydides
Thucydides. Della storia di Tucidide volgarizzata libri otto. Anonymous translator. Florence: Tipografia Galileiana, 1835.
Ma Epitada ed i suoi che erano il grosso delle genti dell' isola , visto disfatto il primo corpo di guardia, ed avanzarsi incontro l' esercito, correvano in ordinanza per assaltare i soldati gravi degli Ateniesi, volendo venire alle mani con questi che erano stati posti loro a fronte , mentre le truppe leggere stavano ai fianchi ed alle spalle. Ma non poterono azzuffarsi con essi nè usare la loro perizia, perchè le genti leggere, saettandoli quinci e quindi, li ritenevano ; e quelli invece di correre all' assalto , stavano fermi al loro posto. Allora si avventarono contro i soldati leggeri e li fugavano , ma questi rivoltando feccia li respingevano ; ed essendo armati itila leggera , prima d5 esser raggiunti dal nemico ripigliavano facilmente la fuga ; tanto più che i luoghi erano disagevoli ed aspri
perchè sin di prima disabitati, ed i Lacedemoni gravati dal peso delle armi non potevano ivi perseguitarli.Per questo modo adunque scaramucciarono tra loro un poco di tempo. Ma i Lacedemoni non avean più lena di accorrer prontamente dove fossero incalzati : perù le genti leggere degli Ateniesi, conosciuto che e’menavaoo le mani più lentamente, presero in mirandoli grandissimo coraggio. E vedendosi in numero assai maggiore, e , per non aver sofferto quel danno che s’aspettavano, essendosi assuefatti a non creder più formidabile il nemico (come quando da prima sbarcarono nell’isola coll’animo avvilito per avere a combattere coi Lacedemoni), si serrarono addosso a loro dispregiandoli e mandando alte grida; e percuotevanli con pietre, saette e dardi, e con quello che a ciascuno capitasse alle mani. Gridare ed assalire fu un punto ; lo sbigottimento entrò nel nemico non avvezzo a sì fatta battaglia; gran polverio della selva testé incendiata si levava in alto ; e le frecce ed i sassi, da tanta moltitudine scagliati in mezzo a quel nugolo , rendevano impossibile la vista di ciò che si parasse innanzi. Qui daddovero avevano i Lacedemoni difficile impresa alle mani, perocché le feltrate corazze non reggevano al saettarne, le lanciole smussate rimanevano penzoloni nei feriti ; e non potendo vedere ciò che avessero innanzi a sé, e non intendendo gli ordini che si comunicavano tra loro , perchè sopraffatti dalle grida nemiche, non sapevano che farsi : insomma si trovavano per ogni lato circondati dal pericolo , senza avere speranza di trovar modo onde aprirsi una via a salvamento.
Alla perfine dopo molto sangue sparso per essersi sempre andati ravvolgendo nel medesimo luogo, si avviarono serrati all’estrema munizione decisola non molto dilungi, e al loro corpo di guardia. Vistigli cedere , allora si i soldati ateniesi con maggior animo e con grida maggiori
gl' incalzavano, ed uccidevano quanti nel ritirarsi restassero presi. I più scamparono nella munizione, ed insieme col presidio che ivi era si schierarono su tutti i punti di essa ove poteva essere espugnata, risoluti di ributtare il nemico. Allettati gli Ateniesi dalla fuga dei nemici gli perseguivano ; ma la fortezza del sito vietando loro di girare intorno per chiuderli in mezzo, assalitili di fronte si sforzavano di cacciarli. Durò questo gioco un pezzo, anzi grandissima parte della giornata, benché entrambi fossero oppressi dal conflitto, dalla sete e dal sole, facendo gli Ateniesi ogni prova per isbarbare dall’altura i Lacedemoni , e questi per non cedere. Nondimeno più facilmente di prima resistevano i Lacedemoni, non v’cssendo modo di circondarli di fianco.Ma siccome la cosa riusciva interminabile, il capitano de' Messemi appresentatosi a Cleone ed a Demostene , disse loro, che si affaticavano inutilmente ; che se volessero dargli una parte degli arcieri e delle genti leggere, egli circuirebbe i nemici alle spalle per quella via che saprebbe trovare, e che confidava di aprirsi un passaggio ad assalirli. Ottenuto quanto domandava, si mosse da un luogo appartato per nou esser visto dai Lacedemoni; ed aggrappandosi per dirupati che via via sporgevano nell'isola, e dove i Lacedemoni non tenevansi guardati fidandosi alla fortezza del luogo, a gran pena e difficoltà circuì nascosamente la munizione. E comparso improvviso sull'altura alle spalle de’nemici, li sbigottì per quel caso impensato, e rinfrancò maggiormente gli Ateniesi i quali videro effettuato ciò che si aspettavano. Trovavansi ornai i Lacedemoni battuti dinanzi e alle spalle, e nel caso stesso delle Termopile, se è lecito agguagliare le cose piccole alle grandi. Quelli furono disfatti dai Persiani che per tragetti li circuirono, e questi pure circondati non più resistevano ; ma trovandosi pochi a battagliar contro molti, e indebo-
liti del corpo per l’inedia, retrocedevano: e già gli Ateniesi eran padroni dei passi.Cleone e Demostene vedendo che se i Lacedemoni prolungassero un poco più la ritirata sarebbero distrutti dal loro esercito, quetarono la battaglia e sostennero l' impeto de5 suoi, volendo menar vivi ad Atene coloro , qualora udita la voce dell’ araldo piegassero l’animo a consegnar l’armi, e si chiamassero vinti dalla presente calamità. Fecero adunque bandire se volessero render l’armi e le persone alla discrezione degli Ateniesi.
A tale annunzio i più depositarono gli scudi, ed agitavano in alto le roani accennando di accettare le condizioni bandite. Quindi fatto posa, Cleone e Demostene vennero a parlamento con Stifone figliolo di Farace terzo capitano dei Lacedemoni, eletto secondo il disposto della 56 ma‘ qualche sinistro accadesse agli altri due; il primo dei quali Epitada era morto, ed Ipparete a lui sostituito , sebbene ancor vivo, giaceva come morto fra gli estinti. Pertanto Stifone e il suo seguito dicevano di voler mandare ambasciata ai Lacedemoni di terraferma per consultarli su quel che dovevano fare. Gli Ateniesi non permisero che veruno vi andasse: chiamarono bensì gli araldi di terraferma ; e fatta due o tre volte la domanda, l' ultimo che venne portò in risposta : « I Lacedemoni permettono che voi provvediate alle cose vostre senza far nulla di turpe ». Essi tenuto consiglio tra loro resero sè stessi e le armi, e quel giorno e la notte seguente furono tenuti sotto guardia dagli Ateniesi, i quali nel giorno appresso alzarono trofeo nell9isola, e preparavano l’occorrente per imbarcarsi, avendo distribuito quella gente sotto la custodia de’trierarchi. I Lacedemoni, spedito un araldo , riebbero i cadaveri. I morti, e i presi vivi nell’isola furono questi : vi erano passati quattrocento venti di grave armatura in tutti ; ne furono ricondotti vivi dugento novantadue
: gli altri erano morti : di quei vivi circa cento venti erano Spartani. Degli Ateniesi pochi furono gli uccisi, perchè la battaglia non fu stanziale.Il tempo che quelle genti restarono assediate nell’isola, dal combattimento navale fino alla battaglia accaduta nell'isola stessa, fu in tutto settantadue giorni. Nei venti giorni incirca della gita de’ legati per la tregua era loro somministrata vettovaglia ; ma negli altri vivevano colle robe furtivamente introdotte. Nell'isola si trovò anche del frumento, e vi erano restate altre grasce , perchè il comandante Gpitada le somministrava più parcamente di quel che ne avesse la possibilità. Pertanto sì gli Ateniesi che i Peloponnesi coll' esercito , da Pilo tornarono entrambi a casa sua : e la promessa di Cleone , sebben folle, riuscì ; poiché condusse via quella gente dentro i venti giorni, siccome s’era incaricato.
Un tal fatto, più che qualunqu’altro avvenuto durante questa guerra , empiè di maraviglia i Greci; imperciocché giudica vasi che i Lacedemoni nè per fame nè per veruna necessità si avvallerebbero a render le armi, e piuttosto morirebbero con esse alla mano, combattendo sinché avessero fiato : onde nissun credeva che quelli che le avevano rese fossero in valore pari a quelli morti. E un alleato degli Ateniesi che in aria di contumelia domandò in seguito ad uno de’ prigionieri dell’ isola , se i morti erano tra loro i prodi e i valorosi , udì rispondersi : che in gran pregio dovrebbe tenersi il fuso , cioè la freccia , se avesse saputo discernere i prodi : indicando che mero caso era l’essere stato ucciso dagli strali e dai sassi.
All’arrivo di coloro in Atene , gli Ateniesi determinarono di tenerli guardati in prigione finche non si venisse a qualche accordo ; e di levarli per ucciderli se prima di questo i Peloponnesi entrassero nell’Attica. A Pilo poi avevano messo presidio ; ed i Messemi di Naupatto, riguardando
Pilo come patria loro, perchè apparteneva una volta al territorio messenio, vi spedirono gente di loro la più idonea, che depredando la campagna laconica la danneggiarono moltissimo, perchè hanno un medesimo linguaggio con gli Spartani. I quali fino allora non pratichi del corseggiare e di si fatta maniera di guerra , la sopporta, vano a malincuore, tanto più che gl9 Iloti disertavano, e però vi era sospetto di qualche più importante innovazione nel loro dominio. Anzi quantunque non volessero che i loro sospetti penetrassero in Atene, pure vi mandavano ambascerie per tentare di riaver Pilo e quei prigionieri : ma gli Ateniesi che intendevano a cose maggiori, contuttoché costoro molte volte vi andassero li rimandavano a mani vuote. Tali sono le cose avvenute a Pilo.Appresso nella medesima estate gli Ateniesi capitanati da Kicia di INicerato e due altri aggiunti, e seguiti dai confederati di Mileto, di Andro e di Caristo portavano la guerra nel territorio corintio con ottanta navi e duemila soldati propri di grave armatura, più due centinaia di cavalli su barche a ciò destinate. Fecero vela coll’aurora, e andarono a porre fra il Chersoneso e Reto presso il litorale di un luogo dominato dal colle Soligio, sulla cui cima anticamente fermatisi i Doriesi guerreggiavano i Corintii di città discendenti degli Eolii. Onde il villaggio che risiede su quel colle chiamasi ancora Soligia ; ed è distante dal littorale ove stavano le navi sedici stadii, Corinto sessanta, e l’istmo venti. Ma i Corintii, presentito da Argo l’arrivo dell’armata ateuiese, erano un pezzo innanzi corsi tutti sull’ istmo , eccetto quei che abitano fuori delFistmo stesso ; e cinquecento di loro erano partiti per presidiare l’Ambracia e la Leucadia, mentre gli altri stavano in massa osservando ove gli Ateniesi approderebbero. Questi presero terra inosservati, onde furono alzati i segnali ai Corintii, che lasciata la metà di loro a Cencrea , se mai
gli Ateniesi marciassero sopra Crommione, vi accorsero frettolosamente.Batto, uno de'due capitani Corintii (perchè due u erano in quella guerra), presa seco una compagnia di soldati andò al borgo Soligia , che era senza mura, per guardarlo ; e Licofrone e gli altri arrufiaronsi col nemico. I Coriutii caricarono primieramente Pala destra degli Ateniesi, appena sbarcata dinanzi al Chersoneso; e quindi anco il resto dell9 esercito. La battaglia era per tutto aspra e petto a petto. L’ ala destra composta di Ateniesi e Caristii ( essendo questi schierati gli ultimi ) , sostenne ed a gran pena rispinse i Corintii, che ritiraronsi presso una macìa ; ed essendo quel luogo tutto declivo, scagliavano dall’ alto sassi sul nemico , cui nuovamente assalirono cantato il Peana. Gli Ateniesi resistevano, e rinnuovossi la zuffa petto a petto : se non che una compagnia di Corintii sopraccorsa in aiuto dell’ala sinistra de9suoi, fece piegare la destra degli Ateniesi , e gl7 inseguì fino al mare. Pure gli Ateniesi ed i Caristii tornarono di nuovo indietro dalle navi. il rimanente poi dell’ esercito sì dell’ una che dell’ altra parte non cessò dal combattere ; ma specialmente l' ala diritta de’ Corintii sulla quale era Licofroue, faceva resistenza contro la sinistra degli Ateniesi, sospettando che e’ volessero tentare l' impresa del villaggio Soligia.
Ressero adunque un pezzo ambi gli eserciti senza cedere : ma poi, siccome gli Ateniesi avevano il vantaggio della cavalleria che mancava ai nemici, i Corintii furono messi in rotta, e si ritirarono sulla collina ove fermato il campo stavano quieti senza scendere al basso. In questa sconfitta perirono sull’ ala destra i più con Licofrone capitano : ma il resto dell’esercito, dopo essere stato sbaragliato non venendo gagliardamente inseguito ; e però non datosi a precipitosa fuga, potette in questo
modo ritirarsi sulle alture , e piantarvi il campo. Gli Ateniesi poi vedendo che i Corintii non venivano più contro di loro a battaglia , spogliarono i cadaveri nemici e ripresero i propri ; e subito inalzarono il trofeo. Quella metà de’ Corintii che stavano di guardia in Cencrea perchè gli Ateniesi non navigassero contro Crommione, non avean potato veder la battaglia a cagione del monte Ondo: però quando ebbero veduta la polvere, accortisi del fatto, corsero immediatamente al soccorso insieme coi più attempati dei Corintii restati in città, che avean avuto contezza dell’accaduto. Gli Ateniesi pertanto quando se li videro venir contro tutti riuniti, credendo esser quello il sopravveniente rinforzo de; Peloponnesi delle vicine città, si ritiravano senza indugio presso le navi, portando seco il bottino ed i morti loro, ad eccezione di due che vi lasciarono , non avendoli potati trovare : ed imbarcatisi tragittavano nelle isole adiacenti, e di lì spedivano araldo, e riebbero con salvocondotto i cadaveri che vi avevano lasciati. Mancarono in questa battaglia dugento dodici dei Corintii, e degli Ateniesi poco meno di cinquanta.Gli Ateniesi poi sciolsero dall’ isole, e navigarono il giorno stesso a Crommione del territorio di Corinto , distante da questa città centoventi stadii. Ivi preso porto e dato il guasto alla campagna, si accamparono per passarvi la notte. Il giorno dipoi costeggiarono primieramente (ino all’ Epidauria : poi fattavi scala passarono a Metona fra Epidauro e Trezzene ; e tagliato fuori l’istmo della penisola nel quale risiede Metona, vi tirarono un muro, vi lasciarono guarnigione , ed in seguito guastarono la campagna di Trezzene, di Alia e di Epidauro. Ma finita che ebbero la fortificazione del posto, colle navi tornarono a casa.
Al tempo stesso di questi fatti Eurimedonte e Sofocle partili colla flotta ateniese da Pilo per Sicilia,
quando furono a Corfù si unirono con quelli di città, per andar contro quei Corfuotti che dopo la sedizione eran passati a fortificarsi sul monte Istone ; e che padroni della campagna vi facevano grandi guasti. Assalirono il forte, e lo espugnarono; le genti di esso scamparono sopra un altura, e capitolarono a patti di rendere gli ausiliari; e quanto a sè, consegnate le armi, si rimettevano all’ arbitno del popolo ateniese. I capitani li fecer passare con salvocondotto nell’ isola Ptichia, per tenerli sottoguardia finché non venissero spediti ad Atene ; colla condizione che se alcuno fosse colto fuggendo s’intendesse sciolta per tutti la convenzione. Ma i primari tra i popolani di Corfu sospettando che, quando coloro fossero arrivati ad Atene, forse gli Ateniesi non vorrebbero ucciderli, macchinano questo. Spediscono a Ptichia pochi loro aderenti, e li ammoniscono che fingendo benevoglienza dicessero a quelle genti « che per loro miglior cosa sarebbe il trafugarsi prontissimamente , e che essi appresterebbero loro una barca a tal uopo ; perchè i capitani ateniesi vorranno darli in balla della setta popolare di Corfu ».Li trassero all’ inganno ; e mentre navigavano nella barca a bella posta preparata, furono arrestati : e così rimase sciolta la convenzione ; e coloro furono dati tutti in mano del popolo di Coriu. Ed in questa trama , acciò ella fosse un argomento irrefragabile pei ritenuti nell’isola , e più francamente la usassero gli orditori di essa, ebbero parte principalmente i capitani ateniesi col mostrar chiaro che, dovendo essi navigare in Sicilia, non volevano che coloro fossero menati in Atene da altri, essendoché chi ve li conducesse riscuoterebbe l'onore di ^uelFimpresa. Avutili adunque i Corfuotti nelle mani li rinchiusero in una gran prigione ; donde poi cavandone fenti per volta li facevano passare legati insieme fra due file di soldati quinci e quindi schierati, da’ quali venivano
feriti di taglio e di punta, tostochè uno vi scorgesse qualche suo nemico. E gli sgherri seguendoli d' appresso sollecitavano colla sferza chi si avanzasse più lentamente.Per questo modo ne trassero di prigione e ne uccisero fino a sessanta celatamente agli altri che vi restavano , i quali davansi a credere che li levassero di prigione per tradurli altrove. Ma non prima se ne avvidero e furonne avvertiti da qualcuno, che cominciarono a invocare e scongiurare gli Ateniesi che se volevan cosi li uccidessero essi stessi : e non più volevano uscire ^lal carcere, e protestavano che per quanto in loro stesse nissuno v’entrerebbe. Dall' altro canto i Corfuotti non pensavano di sforzare le porte, ma saliti sul tetto della prigione e scassinato il soffitto percuotevano i rinchiùsi con embrici c con dardi scagliati al basso. Schermivansi quelli come potevano , e molti davansi la morte colle proprie mani, o ficcandosi nella gola le lanciate quadrella, o strangolandosi con funicelle cavate dagli strapunti che casualmente i\i erano, e con gli stracci dei vestiti ; cosicché per gran parte della notte che sopravvenne a tanta sciagura, o strozzandosi da per sè, o colpiti dalle frecce scagliate da quei di sopra, in ogni maniera perirono. Poiché venne il giornoi Corfuotti li gettarono confusamente su dei carri , e li trasportarono fuori di citta, e fecero schiave tutte le donne prese nel forte. Cosi i Corfuotti del monte furono distrutti dalla setta popolare , e così finì quell’ atroce sedizione almeno per quello che concerne la guerra che descriviamo; imperciocché della fazione opposta nulla rimane che valp» la pena d’esser riferito. Ma già la (lotta ateniese giunta in Sicilia, ove prima era indirizzata, vi faceva la guerra insieme con gli alleati di quei luoghi.