History of the Peloponnesian War
Thucydides
Thucydides. Della storia di Tucidide volgarizzata libri otto. Anonymous translator. Florence: Tipografia Galileiana, 1835.
« Inoltre questa mia giovanile follia che sembra ( eccedere oltre l’età fu quella che con acconcie parole trattò colla potenza de’ Peloponnesi, e che siccome col suo impeto ispirò loro fiducia, cosi persuase voi anche adesso a non temerla. Anzi mentre io sono nel vigore di essa, e Nicia sembra fortunato, valetevi pure di amendue in quello a che siamo utili, e non mutate consiglio sulla spedizione di Sicilia, quasi che dovesse farsi contro a paese potente. Vero è che le città di quei luoghi sono assai popotate , ma di un miscuglio di gente , e però facili a cambiar di governo e a ricever chiunque. Ond’è che nissuno, come si farebbe per la propria patria, è fornito delle armi per difendere il suo corpo, o degli apparati che si richieggono in quel paese ; ma quello che ciascuno spera di dover ottenere con persuasive parole, od anche di rapire dal comune erario nel bollor delle parti, e poi mutar suolo se la sua non vinca, questo è ciò che tutti si vanno procacciando. E non ci è pericolo che turba siffatta voglia udire d’un animo chi le favelli, o voltarsi di comun concordia ad operare ; ma invece ciascun di loro aderirà a quello che sia detto a suo genio ; tanto più se , come
udiamo, sono in sedizione. Nè già hanno essi tanti soldati quanti ne vantano, nè gli altri Greci compariscono tanti quanti ciascuna provincia ne novera ; anzi quella Grecia, che ha grandemente ingannato costoro, si dura fatica a credere che abbia milizie sufficienti a questa guerra. Tali pertanto, per quello ch' io ne so d’udita, sono le cose di là, e forse anche più agevoli. Infatti vi troveremo molti barbari che per odio de1 Siracusani si uniranno con noi ad assalirli, nè le cose di qua potranno impedirci, ove drittamente deliberiate. Imperciocché i padri nostri oltre i nemici, che al dir di costoro ci lascerem dietro navigando in Sicilia, avevano nemico anche il Medo ; e pure à acquistarono l’imperio non con altro che colla sovrabbondanza delle forze marittime. Ora i Peloponnesi tuttoché si trovino nel più vigoroso stato, sono disperati più di prima di poterci opprimere : e dato anche che la spedizione non si faccia, sono certo in forze da assaltar le nostre terre: ma non potranno danneggiarci colla flotta , perchè altra ce ne resta, e tale da fronteggiarli.« Laonde quale addurremo giusta ragione del nostro inritrosire, o scusa agli alleati del non aiutarli ? Noi dobbiamo soccorrerli per via de’giuramenti, e non opporre che essi non ci soccorrono ; avvegnaché non gli abbiamo aggiunti alla nostra lega perchè dal canto loro venissero qua in nostro aiuto, ma perchè inquietassero i nemici nostri di là, e impedissero loro venir qua contro noi. E noi e qualunqu’altri abbiamo impero, lo abbiamo acquistato in questo modo; cioè col soccorrere sollecitamente chi ci chiamasse fosse greco o fosse barbaro. Imperocché se tutti stieno quieti, o facciano rigorosa scelta di quelli che per ragione debbano aiutarsi, certo quand'anche volessimo accrescere d’un poco il nostro Stato, correremmo maggior pericolo per quello stesso che abbiamo : perchè nessuno aspetta a difendersi dal più forte quando è da quello
assalito, ma tenta furargli le mosse acciò non gli venga contro. Senza di che non sta in noi di contemperare l’impero nostro alla foggia de’nostri desideri : ma poiché siamo io questo stato ci é forza tendere insidie ad alcuni, ad alcuni poi uon allentare la briglia , essendovi pericolo di soggiacer noi stessi all’altrui dominio se non sappiamo dominare sugli altri; tanto più che come gli altri non possiamo brigarci della tranquillità, ove non vogliate del pari con loro cambiar di maniere. Per lo che considerando che coll’andare colà accresceremo vie più lo stato nostro, facciamo la spedizione per abbassare la superbia de’Peloponnesi, mostrando che pieni di disprezzo per loro sappiamo preferire alla presente quiete anche la navigazione in Sicilia. Confido inoltre che coll’aggiunta delle forze di colà probabilmente ci assoggetteremo tutta la Grecia} o almeno danneggeremo i Siracusani ; nel che avvantaggeremo noi stessi e gli alleati. La sicurezza poi o di restarvi, se alcuno si aggiunga a noi, o di tornare indietro, l'avremo dalle navi : avvegnaché ne potremo più di tutti i Siciliani insieme. E però l’inazione e la discordia fra giovani e vecchi, accennate dai discorsi di Kicia, non vi smuovano : anzi con quel solito buon ordine, la cui mercè i padri nostri tutti d’accordo e giovani e vecchi avanzarono a questo grado lo stato, nell’ istesso modo ora anche voi sforzatevi di aggrandire la Repubblica. E siate persuasi che la gioventù e la vecchiezza disgiunte tra loro non posson nulla ; ma che ove sieno unite, venendo a mescolarsi insieme tutto ciò che è debole, mediocre e buonissimo, sono sufficienti a tutto ; che la città stando in ozio si consumerà da sè stessa, siccome avviene dell’altre cose, ed ogni maniera di sapere v? invecchierà ; mentre esercitandosi in guerra acquisterà sempre nuova perizia , e si avvezzerà a difendersi non colle parole ma coi fatti. Insomma io quanto a me penso che una città operosa dovrà ben presto corrompersi passando ad una vita d’ozio ; e che i più sicuri nel loro stato sono coloro, che di comune concordia si governano colle costumanze e leggi presenti, tuttoché non perfettissime »,Con tanto calore parlò Alcibiade : e gli Ateniesi udito lui e le domande degli Egestei e de’fuorusciti Montini, che fattisi avanti rammentavano loro le giurate convenzioni ed imploravano soccorso, molto più di prima s’invogliarono della spedizione. Di che Nicia avvistosi che con quelle sue medesime ragioni non li potrebbe più distorre, ma che forse, se ordinasse molti apparecchi, la grandiosità di questi farehbe loro mutar pensiero , di nuovo presentatosi ad essi parlò così :
« Poiché, o Ateniesi, vi vedo al tutto infiammati per la spedizione, riescano pur le cose come bramiamo ; ma io voglio al presente esporvi la mente mia. Le città contro le quali siamo per andare, a quel eh’ io ne so d’udita, sono grandi e tra loro indipendenti, né cercano mutazione onde ciascuna da violenta servitù possa volenterosa passare a più mite governo ; ed essendo molte per un’isola sola, e molte di queste greche, non vorranno probabilmente gradire il nostro impero invece della libertà. E senza parlare di Nasso e Catana ( che per la parentela de’Leontini spero saranno con noi), ve ne sono altre sette di tutto fornite colla massima conformità al nostro esercito, e tra queste non ultime sono Selinunte e Siracusa, contro le quali principalmente navighiamo. Imperocché hanno esse molti soldati gravi, ed arcieri e saettatori, e jnolte triremi, e numerose ciurme da empirle: hanno denari parte in proprio, parte nei templi di Selinunte ; e i Siracusani riscuotono tributo in generi da alcuni barbali. E quello in che di gran lunga elle ci avanzano, sono provviste di molti cavalli, ed usano frumento proprio non portato di fuori.
« Contro tante forze adunque non basta solo un navale e debole esercito, ma ci vogliono eziandio sulle
itevi molti soldati da sbarco, se vogliamo eseguire alcun chè dégno del nostro concetto, e non essere impediti di pigliar terra da grossa cavalleria , specialmente nel caso che le città impaurite si colleghino insieme, o che noi non troviamo altri amici ( dagli Egestei in fuori ) thè ci somministrino cavalli da opporre al nemico. Sarebbe certo vergogna l’essere astretti a tornarcene, o chiedere dipoi nuove truppe per aver deliberato inconsideratamente da primo: ond’è che Conviene partir di qua con sufficienté apparecchio, sapendo che dobbiamo navigare molto dilungi dal paese nostro. Voi non uscite ora alla guerrà siccome quando portate le armi Contro alcuno fra genti a voi soggette t e però cavate facilmente i viveri da paesé amico: ma andate a gettarvi lontani ih terra straniera, donde non è facile aver qua nuove neppure in quattro mesi d' inverno.et II perchè pare che dobbiamo traghettarvi molté milizie gravi delle nostre, degli alleati, dei Vassalli (é potendo, cavarne alcune dal Peloponneso o colle persuasioni o col soldo ) e molti arcieri e frombolici per fai4 testa alla loro cavalleria , e molto maggior numero di navi per trasportare più facilmente i viveri, e condurre di qua sulle barche da carico grano e orzo tostato , e panattieri salariati tolti ripartitamente dai mulini, acciocché, ovunque ci troviamo sorpresi dà qualche fortuna di mare , il bisognevole non manchi all’armata, alla quale essendo si grande non potrà ogni città dar ricovero. Insomma bisogna non fidarsi agli altri, e provvedersi per quanto si può d’ogni altra cosa, e soprattutto portar di qua moltissimo denaro; perchè quel degli Egestei che si dice esser colà pronto, siate certi che è pronto piii che altro in parole.
« Che se noi di qua vi anderenio con apparecchio non solo equivalente ma anche superiore in ogni cosà (io eccettuo i loro soldati gravi che son bene Agguerriti)
difficilmente anche così potremo vincere i nemici e salvare gli amici. Vuoisi poi far ragione che coloro che vanno ad impadronirsi di città posta in mezzo a gente straniera e contraria, bisogna nel primo giorno in die approdano si rechino in poter loro il territorio , o si aspettino al primo fallo di trovar nemici da per tutto. Lo che temendo e sapendo aver noi spesse volte bisogno di reuo consiglio, e più anche di buona ventura (che agli uomini tocca difficilmente), voglio, nel mettermi in mare, darmi 'n balìa della fortuna il men possibile, e navigar con apparecchio che ragionevolmente mi offra sicurezza. Queste, a mio avviso, sono le cose che più fanno sperare fermezza alla Repubblica intera, e salute a noi che dobbiamo militare: e se pur v’ha cui sembri altramente, io gli cedo il comando ».Tutte queste cose disse Ni eia sperando o di rimuovere gli Ateniesi dall’ impresa colla moltiplicità degli ostacoli, o se fosse costretto alla spedizione di potere in quel modo navigare più sicuramente. Essi però con tutta quella farragine di apparecchiamenti uon scemarono U brama della spedizione, ma s’infiammarono viemaggior' mente ; cosicché la cosa gli andò al contrario : perocché fu creduto che egli consigliasse bene , e che l' impresa nel modo detto da lui riuscirebbe prosperamente. E il desiderio di navigare entrò in tutti egualmente ; nei vecchi perchè speravano di soggiogare i luoghi contro i quali andavano, o almeno di non dovere esser battuti con à grossa armala ; in quei di fresca età per la brama di vedere cd osservare un paese lontano, e per la fiducia di avere a tornar sani e salvi ; e la numerosa moltitudine e i soldati ripromettevansene denaro al presente, e nuovo acquisto di potenza, onde otterrebbero gli stipendi a vita. Tantoché per quella viva generai bramosia, se alcuno vera cui ciò non piacesse, se ne stava tranquillo, temendo dì
passare per malaffetto alla Repubblica ove col suo voto si opponesse.Finalmente un Ateniese fattosi avanti e confortato Nicia, disse che non bisognava tergiversare nè indugiare, ma dire in faccia a tutti quali preparamenti dovessero gli Ateniesi decretarli. E Nicia, benché malvolentieri, rispose che ne terrebbe posatamente più serio consiglio coi suoi colleghi : nondimeno parergli fin d’allora non doversi navigare con meno di cento triremi; che quelle destinate al trasporto delle truppe dovevano esser propio degli Ateniesi in quel numero che e’ credessero, le altre si facessero venire dagli alleati : che i soldati gravi tra degli Ateniesi e degli alleati dovevano essere in tutti non meno di cinque migliaia , e più se si potesse ; e che bisognava allestire e condurvi tutti gli altri fornimenti in proporzione dell’esercito, e arcieri d’Atene e di Creta, e frombolieri e ogni cosa che giudicassero opportuna.
Gli Ateniesi udito ciò, subito decretarono che i capitani avessero illimitato comando , e che quanto al numero delle soldatesche ed a tutta la navigazione facessero iu quel modo che credessero il meglio per Atene. Dopo di che cominciarono gli apparecchi, e mandarono per le truppe degli alleati, e facevano il ruolo di quelle di li : e siccome la città si era da qualche tempo riavuta dalla pestilenza e dalla continua guerra, cosi vi era molta fresca gioventù, e copia di denaro stante la tregua ; onde tutto somministravasi più agevolmente.
Ma frattanto che davano opera agli apparecchiamenti , quanti Mercuri di pietra erano in Atene ebbero la maggior parte smozzicata la faccia in una sola notte. Sono essi un lavoro di figura quadrangolare, e secondo l’usanza del paese trovansene dimoiti negli atrii delle case e nei luoghi sacri. Nissuno sapeva i rei di tal misfatto, ma erano essi inquisiti, proposti pubblicamente grandi premii a
chi li scoprisse; e di più fu fatto un decreto col quale davasi l’impunità a chiunque cittadino, forestiero oservo, manifestasse qualsivoglia altro sacrilegio che sapesse essere stato commesso. E davano maggior peso a questa cosa perchè pareva un malagurio per la spedizione, ed insieme fatta per congiura di tentar cose nuove ed abolire lo stato popolare.Pertanto alcuni inquilini e servi diedero degli indizi non già riguardo a’Mercuri ma ad alcuni guasti di altre statue fatti per ischerzo da dei giovani avvinazzati, ed insieme riguardo a de’ misteri che per disprezzo si facevano nelle case ; di che accusavano ancora Alcibiade. E quei principalmente che non lo potean patire, perchè sé lo vedevano d’impaccio a primeggiar sicuramente nel popolo, e che stimavano che cacciato lui rimarrebbono essi i primi, raccoglievano tali accuse, e le ingrandivano, e vociferavano che le mistiche cerimonie e il guasto de’ Mercuri avean per iscopo il disfacimento della democrazia, e che nessuna di quelle cose erasi fatta senza di lui ; adducendo in prova la sregolatezza nel resto di sua condotta non punto popolare.
Egli di presente si difendeva di tali indizi, e se nulla di ciò avesse commesso mostravasi pronto a soste« nere il giudizio e pagar la pena prima di partir colla flotta (e già gli apparecchi erano stati fatti), ed a prendere il comando se venisse prosciolto. Li scongiurava a rigettar le accuse quando fosse assente, e se lo credessero reo ad ucciderlo subito ; e diceva esser miglior consiglio il non mandarlo alla testa di sì grande armata con quelle imputazioni prima del giudizio. Ma i suoi nemici temendo che forse combattendo egli la propria causa arebbe benevolo l’esercito, e il popolo a suo riguardo sì ammollirebbe, perchè aveva operato che gli Argivi ed i Mantineesi » unissero a questa spedizione , dissuadevano e «consigliava-
do i cittadini da quelle sue dimande, mettendo innanzi altri oratori, che dicevano dovere imbarcarsi allora e non prolungare la mossa delParmata ; che poi ritornato se ne farebbe giudizio in certi giorni. Volevano essi che richiamato tornasse a dire la sua causa contro imputazioni maggiori, che, lui assente, avrebber trovate più agevolmente ; e fu risoluto che allora partisse.Dopo queste cose, essendo già a mezzo la state, facevano partenza per Sicilia. Prima però era stato intimato che il più degli alleati, e le navi annonarie e le barche e tutto il fornimento che seguiva la flotta dovessero ridursi a Cor fu, a fine di tragittare di là tutti insieme pel seno ionico al promontorio Iapigio. E gli Ateniesi, e se alcuni degli alleati si trovavano ad Atene, nel giorno stabilito scesero sull’aurora nel Pireo, e montarono sulle navi per far vela, e con essi scese tutta, per cosi dire, l’altra moltitudine della città, cittadini e forestieri, e quelli del paese, per accompagnare ciascuno chi gli amici, chi ì parenti , chi i figlioli : e in andando erano in preda alla speranza ed al pianto; quella per le conquiste che essi potrebbero fare, questo perchè forse non gli avrebbono a rivedere mai più, considerando il lungo viaggio a che erano spediti lontano dalla patria.
E fu allora appunto che dovendo darsi lo scambievole addio, col pensiero dei pericoli provarono raccapriccio maggiore che quando decretarono la spedizione. Contuttociò osservando particolarmente la grandezza degli apparati, ripigliavano cuore alla vista delle presenti forze.
I forestieri poi e l’altra turba vi andò per godere di uno spettacolo quanto sublime , altrettanto maggiore d’ogni pensiero. Infatti quest’armata di soldatesca greca la prima a mettersi in mare da una città sola, fu sontuosissima e magnificentissima oltre ogni altra fino a quel tempo. Bene è vero che per il numero delle navi e delle milizie greche
non fu ad essa inferiore quella che con Pericle andò ad Epidauro, e poi con Agnone a Potidea : poiché vi sì unirono quattromila soldati gravi, e trecento cavalli, e cento triremi degli Ateniesi, e cinquanta di quelle de’ Lesbii e Chii, cou più molti confederati. Ma quelli si mossero a breve navigazione e con piccolo equipaggio : dove questo stuolo che dovea durare del tempo, e servire per terra e per mare (qual che si fosse il bisogno) era completamente fornito di navi e di truppe da sbarco. La flotta fu messa all’ordine con grandi spese de’trierarchi e della Repubblica. Il Comune dava una dramma il giorno per marinaro, e somministrava le navi vuote, sessanta leggere, quaranta per il trasporto de' soldati gravi, ed ottime barche a servigio di questi. I trierarchi oltre al soldo del Comuue davano un aumento di paga ai marinari traniti, o vogliaci dire remiganti da poppa, ed a quelli delle barche ; ed usavano anche nel resto di assise ed acconciamenti di gran pregio , e ciascuno studiavasi sommamente che la sua nave primeggiasse di gran lunga o per qualche bella fregiatura o per velocità. I soldati poi da sbarco erano stati scelti con ottime leve, e gareggiavano tra loro con gran cura della bellezza delle armi e delle altre cose che riguardavano la persona. A ciò aggiuguevasi ancora gran competerai scambievolmente negli uffici assegnati a ciascuno, di qualità che pareva quella piuttosto una mostra di potenza e di forza a petto agli altri Greci, che un apparecchio contro a' nemici. Ed in vero se alcuno vorrà computare la pubbliche spese della città e quelle private dei soldati ; cioè quanto alla città le spese già fatte di prima e l’equipaggio con che spediva i generali \ quanto ai particolari. quel che ognuno aveva speso per la sua persona , e i trierarchi per la propria nave, e quel che erano ancora per ispendere ; e di più ciò che oltre al soldo del Comime ciascuno naturalmente si procurava pel viatico, trattandosi dì lunga spedizione, e ciò che ogni soldato o altro navigante portava seco per farue commercio ; troverà molti talenti in tutti essersi portati fuori di patria. Cosi questa armata più che per la maggioranza dell’esercito, a confronto de’ nemici contro i quali audava, fu famigerata per lo stupendo ardimento e per la splendida comparsa , ed eziaudio perchè quello era il tragitto più lontano dal proprio paese, ed intrapreso con speranza troppo grande delle cose avvenire, avuto riguardo alle forze presenti.E poiché le navi furono piene di soldati con entro tutto ciò che partendo doveano portar seco, fu dalla tromba intimato il silenzio ; e le consuete preghiere prima di salpare non si facevano da ciascuna nave in particolare, ma da tutta insieme la flotta all’ intonazione dell’araldo. Poi con tazze d’oro e d’argento i soprassaglienti e i capitani libavano il vino mesciuto in grandi vasi per tutta l’armata, e di sul lido 6Ì univa alle loro preci l’altra mol~ titudine di cittadini, e di quanti erano loro benevoli. Cantato quindi il Peana diedero le vele ai venti ; e da prima movendo le navi in fila presero subito a gareggiar nel corso sino ad Egina, e si affrettavano di giungere a Corfu ove doveano far capo le altre truppe alleate. Intanto a Siracusa venivano nuove da molte parti della mossa della flotta, e con tutto questo per un pezzo non ne credevano nulla. Ma tenutasi adunanza , varii parlarono secondo il loro avviso, stimando alcuni vera la spedizione degli Ateniesi , altri contradicendo : ed Ermocrate di Ermone persuaso di esser bene informato di tali cose , orò facendo queste esortazioni.