History of the Peloponnesian War

Thucydides

Thucydides. Della storia di Tucidide volgarizzata libri otto. Anonymous translator. Florence: Tipografia Galileiana, 1835.

I Beozii che in questi giorni si riunivano a Tanagra, essendo ivi concorsi da tutte le città alla nuova che gli Ateniesi si avviavano a casa , gli altri Beotarchi, i quali sono undici, disconfortavanli dal combattere, dappoiché i nemici non erano più nella Beozia : infatti gli Ateniesi quando piantarono il campo erano precisamente sui conGni delPOropia. Ma Pagonda di Eolade beotarco di Tebe , a cui toccava il comando dell’esercito insieme con Ariantide di Lisimaco , desiderando venire a battaglia , e credendo miglior partito l’arrischiarvisi, chiamatine a sé tanti per compagnia acciocché non tutti abbandonassero il campo , con queste parole persuadeva i Beozii ad andar contro gli Ateniesi e far giornata.

« Valorosi Beozii , egli iacea di mestieri che a nissuno noi magistrati non venisse pure in pensiero , che non voleasi venire a battaglia con gli Ateniesi, eccetto che se li trovassimo tuttora nella Beozia. Imperciocché con quel riparo da essi piantato ai conGni della Beozia vogliono avere un luogo onde muoversi a rovinarla : ond’é che ci sono certamente nemici ove che si trovino e dovunque partano per commettere ostilità. Che se ancora vi è cui sembri più sicuro il non combatterli, costui muti pensiero : attesoché la prudenza in chi è assalito da altri con perìcolo di perdere il proprio non ammette una ponderazione così esatta , come in chi ritenendo le proprie cose, ma bramandone delle maggiori, invade altrui per mero capriccio. Inoltre è vostra patria costumanza far fronte agli assalti di straniero esercito nelle vostre terre del pari che nelle altrui : ciò che dovete fare con assai maggior sollecitudine contro gli Ateniesi che vi confinano. Conciossiaché se, trattandosi di confinanti, la libertà consiste nella parità

delle forze ; come non dovrassi venire fino all'ultimo Ar\ cimento contro costoro che non solo i vicini ma anche i lontani si brigano di fare schiavi ? Ci sia d’ esempio Io stato a che son da loro ridotti gli Eubeesi dell’ opposto lido , e la maggior parte degli altri Greci. Dobbiamo altresì persuaderci che laddove gli altri battagliano coi loro vicini per i termini del territorio, noi all’opposto , se restiam vinti, non potremo piantare in tuuo il nostro dominio un sol termine incontrastabile : perocché entrati costoro nelle nostre terre vorranno a fora insignorirsi di tutto ; cotanto la vicinanza di costoro più che degli altri, è per noi pericolosa. Considerate poi che quelli i quali (siccome ora gli Ateniesi ) baldanzosi di loro forze assaltano altrui, sogliono portar con più audacia le armi contro chi stia a sè , e solo si difenda nel proprio paese ; ma insistono con meno ardore contro chi si faccia innanzi ad incontrarli fuori dei confini, e ad attaccarli se l’occasione si presenti. Ne abbiamo contro di loro l’esperienza ; allorché per sedizione insorta avendo essi occupato il nostro suolo, noi li vincemmo a Cheronea e ristabilimmo in Beozia quella sicurezza che dura anche adesso. Le quali cose rammemorando noi più vecchi sforziamoci di imitare i fatti d’allora, e voi giovanetti figli di padri già valorosi procurate di non profanare quelle virtù che per retaggio vi appartengono. Pertauto affidati al Nume che sarà per noi, il cui santuario ritengono sacrilegamente afforzato , ed alle vittime che nei nostri sacrifizi ci si mostrano propizie , corriamo tutti ad affrontarli, e mostriamo loro che assalendo gente che non sappiano respingerli, potranno appagare le proprie voglie ; ma trattandosi di un popolo che per innata generosità vuole combattendo mantener sempre libera la sua patria, e non assoggettare ingiustamente l’altrui, e’ non torneranno indietro senza venire al paragone dell'armi ».

Con questa esortazione Pagonda persuase i Beozii ad andar contro gli Ateniesi ; e poiché era già sul tardi del giorno, mosso subito il campo si mise alla testa dell’esercito. Quando fu vicino all’accampamento degli Ateniesi fece alto ove una collina trapposta impediva ai due eserciti di vedersi scambievolmente ; schierò le sue genti e si disponeva alla battaglia. Ippocrate che era a Delio, avuto contezza che i Beozii gli venivano addosso, spedisce al suo esercito imponendo di mettersi in ordinanza : e poco dopo parti anch’ egli, lasciati circa quattrocento cavalli ne’contorni di Delio per guardarlo, se mai qualche corpo nemico volesse assalirlo, e per cogliere insiemi l'opportunità di sorprendere i Beozii nelFatto della battaglia. E i Beozii destinarono alcune squadre per far fronte a costoro ; e quando ebbero tutto in ordine si fecero vedere di sulla collina; e si misero sulle armi in quella ordinanza colla quale dovevano combattere. Erano in tutti forse settemila di milizia grave , e di leggera sopra diecimila , con mille cavalli e cinquecento palvesari. I Tebani con quelli del loro comune tenevano l’ala destra ; il centro gli Aliarti, i Coronei, i Copeesi, e gli altri abitanti sul lago di Copa ; la sinistra i Tespiesi, i Tanagresi e gli Orcomenii. L’una e l’altra ala era coperta dalla cavalleria e dalle genti leggere. I Tebani erano schierati con venticinque di fronte ; egli altri senza verun ordine stabilito. Tale era l’apparecchio e l’ordinanza de’ Beozii.

Dalla parte degli Ateniesi i soldati gravi, che era • no pari di numero ai nemici, si schieravano con otto di fronte, e sulle due ali era la cavalleria. Non si trovavano presenti nell’esercito milizie leggere , e nemmeno ve n’erano in Atene ; e quelle che con Ippocrate erano entrate nella Beozia, sebbene in molto maggior numero dei nemici, lo avevano però seguito senz’armi, perchè crasi fatta in Atene una leva generale sì di forestieri che di cittadini ; e perchè

dopoché da prima elle si furono mosse per tornarsene a casa, non erano più comparse salvo che poche. Ma quando i due erauo ordinati a battaglia e vicini ad azzuffarsi, lppocrate generale scorrendo le file delPesercito degli Atepiesi gli incoraggiava con queste parole.

« Ateniesi, breve é la mia esortazione , ma importa lo stesso per uomini valorosi. Non è dessa eccitamento ma ricordanza di prodezza. A niuno di voi cada in mente che sulle terre altrui noi senza prò ci gettiamo in tanto pericolo, perchè la battaglia nel suolo di questi sarà per salvezza del nostro. E se vinceremo , i Peloponoeà privati della cavalleria beozia non assalteranno più il vostro territorio : talché con una sola battaglia voi conquistate queste terre, e viemaggiormente affrancate le vostre. Marciate adunque contro di essi in modo da fare onore a quella città che ciascuno di voi si gloria di avere per patria, e che è la prima fra i Greci; non meno che ai padri vostri che guidati da Mironida vinsero costoro ad Enofite, ed allora conquistarono la Beozia ».

Mentre Ippocrate animava così le sue genti, era pervenuto a mezzo dell’ esercito senza poter percorrere alla maggior parte ; perchè i Beozii incitati anch’essi brevemente da Peonida ed intonato il Peana , si avanzavano dalla collina. Onde gli Ateniesi si mossero loro incontro, e correndo si azzuffarono. Le ultime file di ambedue gli eserciti non poterono venire alle mani perchè impedite egualmente dai torrenti ; ma le altre si affrontarono eoo aspra battaglia e con incioccamento di scudi. L’ala sinistra dei Beozii fino al mezzo era vinta dagli Ateniesi, i quali incalzarono in questa parte anche gli altri ; e singolarmente i Tespiesi. Imperciocché avendo ceduto quei che erano schierati dirimpetto agli Ateniesi, i Tespiesi s» trovarono circondati in angusto spazio : onde quelli che vi morirono furono tagliati a pezzi nel difendersi petto a

petto. Alcuni poi degli Ateniesi che nel circondarli eransi disordinati, non riconoscendosi più tra loro, si ammazzarono scambievolmente. Pertanto i Beozii perdevano su questo lato é si ritiravano presso quelli che reggevano alla battaglia. All’opposto l’ala destra, ove erano i Tebani, superava gli Ateniesi : e dopo averli in breve respinti cominciava ad inseguirli. E accadde che Pagonda sentendo che pativa l’ala sinistra de’suoi, aveva spedito in giro alla collina per occulta via due squadroni di cavalleria ; all’improvviso comparir dei quali, quell’ala degli Ateniesi, che era vincitrice, credendo che un nuovo esercito sopravvenisse , entrò in gran paura. Cosicché l’esercito ateniese parte costernato per questo stratagemma } parte inseguito e sbaragliato dai Tebani, si diede tutto a fuggire. Correvano alcuni verso Delio e verso il mare ; altri ad Oropo, altri al monte Pamete ; ed altri ovunque ciascuno avesse qualche speranza di salvezza. I Beozii, e specialmente i loro cavalli , insieme coi Locresi accorsi in rinforzo appena seguita la rotta li incalzavano e li uccidevano. Ma la notte sopravvenuta a questo conflitto facilitò lo scampo ai fuggitivi ; e il giorno appresso quei che s’erano ricovrati ad Oropo e a Delio (il quale noudimeno tuttora ritenevano), lasciatovi un presidio ritornarono colle navi a casa.

I Beozii ersero il trofeo, ripresero i cadaveri dei loro , spogliarono quelli de’ nimici, e lasciate ivi delle genti tornarono a Tanara coll’ intenzione di assaltar Delio. In questo mezzo l’araldo degli Ateniesi spedito per riavere i cadaveri incontra quello dei Beozii, che lo fa tornare indietro col dirgli : che prima del suo ritorno non otterrebbe nulla. Quindi venuto alla presenza degli Ateniesi, disse da parte dei Beozii : aver essi oprato nefandamente, violando gl’ istituti dei Greci, perciocché era presso tutti stabilito che entrando sulle terre gli uni degli altri, si risparmiassero i luoghi sacri del paese. Nondimeno (sogli

Dopo che l’araldo ehbe parlato così, gli Ateniesi spedirono ai Beozii il loro , rispondendo ; che essi non avevano in nulla violato il sacro luogo, e nemmeno volontàriamente lo violerebbero in avvenire ; che neanche da principio vi erano entrati con questa intenzione, ma solo per aver un ridotto onde meglio difendersi dalle lqro ingiustizie; che gl' instituti dei Greci portavano, che chiunque fosse padrone di un territorio più o meno esteso , di lui fossero sempre ancora i luoghi sacri , per doverli onorare colle ceremonie ch’ei potesse, oltre le consuete ; che i Beozii stessi, e gli altri non pochi che posseggono un paese dal quale, abbiano colla forza cacciati gli abitanti , per quanto da prima invadessero luoghi sacri appartonenti ad altrui, li ritengono ora in proprio ; che se essi medesimi potessero acquistar qualche altra terra di più nella Beozia , la riterrebbero ; e che ora, per quanto in loro stesse, nQti partirebbero da quella ove si trovavano , perche la credevano sua. Quanto all’acqua poi rispondevano ; che l'avevano toccata per necessità, la quale necessità non si erano procurata colla propria insolenza : ma erano stati astretti ad usarne , uel caso di dover respingere i Beozii che i primi avevano invaso il loro territorio ; che iq ogni modo volevasi credere che ciò a cui costringe la guerra o altro grave pericolo, sarebbe pur perdonato anche dal nume ; che però gli altari sono il refugio dei falli inyolontarii ; e trasgressione si chiacqa quella commessa

da chicchessia senza alcuna necessità, non quell a che i disastri ti spingano. Ond’è che essi, pretendendo fendere i morti per riscatto de' luoghi sacri, adoprano assai più empiamente degli Ateniesi i quali non Vogliono riacquistare collo scambio di luoghi sacri ciò che loro si conviene. Ili ultimo ordinavano all’aràldo di dir chiaramente che essi non uscirebbero da unii terrà de’ Beozii che non più apparteneva ai Beozii, dappoiché èra stàta acquistata con Tarmi, ma che intendevano di riavere i cadaveri mediante la tregua , secondo il patrio costume.

I Beozii, credendo che Oropia (su’ confini della quale giacevano per avventura i cadaveri, essendo ivi accaduta la pugna) fosse per titolo di vassallàggio degli Ateniesi , i quali però non potrebbero riprendere i morti, s’e’ non lo permettessero , risposero : che se gli Ateniesi erànó in Beozia se ne andassero da un paese beozio portando seco le robe loro ; se poi erano in paese loro proprio, dovevano essi ben sapere quello che era da fare : che a loro non toccava certo a dare salvocondotto in terra altrui ; ma che ove si trattasse di uscire da una terra dei Beozii il decoro esigeva si rispondesse, che partissero , e riprendessero le cose richiedevano. A questa risposta l’araldo degli Ateniesi parti senza nulla concludere.

Ma i Beozii, essendo venuti in loro aiuto dopo la battaglia duemila Corintii di grave armatura, e quei soldati peloponnesi che erano di presidio a Nisea ed anche i Megaresi, spedirono subito per dei laudatori e frombolieri dal seno Meliaco, marciarono contro Delio , e diedero l’assalto alla fortificazione. Tra gli altri tentativi fatti , accostarono al muro una macchina che lo espugnò, fatta in questa foggia. Segarono unà grande antenna in due parti, le quali vuotate quanto erano lunghe le ricommessero esattamente a guisa d’una tromba. AlPestremila vi attaccarono con catene una caldaia , e dall’autcniia scendeva voltato verso la

caldaia lo sfiatatoio di ferro, e di ferro era pur foderata non poca parte del resto dell antenna. Portata questa per non piccolo spazio in su de’carri l’accostarono al muro in quel punto che era fatto, più che d’altro , di sarmenti e di legni : e quando fu vicina vi applicarono grandi mantici alla estremità dalla parte loro , e gonfiavano. Il fiato scorrendo ben serrato nella caldaia fornita di carboni accesi, di zolfo e di pece , suscitò fiamma grande che appiccò fuoco al muro tanto che, non potendo più alcuno rimanervi, lo abbandonarono, e si misero in fuga ; e fu in questa maniera espugnata quella munizione. Alcuni del presidio morirono, dugento furono presi, e l' altra moltitudine montata sulle navi si ricondusse a casa.

Dalla battaglia alla espugnazione di Delio erano corsi diciassette giorni ; e poco dopo il messaggio degli Ateniesi ignaro del fatto ritornò pei cadaveri, cui i Beoni restituirono senza più fare la medesima risposta. Nel coni' battimento d’Oropia mancarono poco meno di cinquecento Beozii, Ateniesi forse mille col generale Ippocrate, e gran numero di genti leggere e di saccardi. Poco^ tempo dopo questa battaglia Demostene, che non era riuscito in questi sua navigazione a prendere Sifa per tradimento, avendo sulla sua flotta una truppa di quattrocento soldati gravi tra Acamani, Agrei e Ateniesi, fece scala sulla coda di Sicione. Ma prima che approdasse tutta la flotta i Skionesi, corsi all’incontro di quelli che erano già smontati, li misero in fuga e li perseguirono fino alle navi, uccidendone alcuni, altri prendendone vivi : ed erettovi trofeo restituirono i cadaveri con salvocondotto. Circa i medesimi giorni dei fatti di Delio, Sitalce re degli Odrisii »or» in una battaglia perduta nella sua spedizione contro i Tribali i ; e Seute di Sparadoco suo nipote regnò sugli Odrisi e sull’altra porzione di Tracia stata soggetta al dominio di esso.

Nel medesimo inverno Brasida con i confederati di Tracia marciò contro Ami ipoli colonia degli Ateniesi sul fiume Strìmone. Quivi appunto nel sito ove ora risiede la città si era prima provato a fondare una colonia anche Aristagora di Miletop quando era fuggiasco dal re Dario ; ma ne fu bruttamente scacciato dagli Edonii. Medesimamente trentadue anni dopo vi si provarono gli Ateniesi, avendovi spediti per prendervi stanza diecimila tra di loro e di altri volontari, i quali furono trucidati a Drabesco dai Tracii. E nuovamente, passali ventinove anni , vi andarono gli Ateniesi con Agnone figliolo di Nicia speditovi a fondar la colonia , e cacciatine gli Edonii fabbricarono il castello che prima chiamavasi le Nove Strade. Erano essi partiti da Eione, terra marittima e di commercio clic avevano all7 imboccatura del fiume , distante venticinque stadii dalla città presente, alla quale Agnone diede il nome di Amfipoli, o vogliam dire città a due facce, perchè la cinse con mura lunghe da un ramo all'altro del fiume , il quale, coi due rami) onde è diviso, abbracciandola , la bagna intorno da ambe le parti : e così la fabbricò in modo che avesse il prospetto della marina e della terraferma.

Brasida adunque movendo da Arne della Calcidica marciava col suo esercito contro Amfipoli. Arrivato sulla sera ad Aulona e a Bromesco, ove sbocca nel mare la palude Bolbe, cenò e la notte proseguì la sua gita. T aceva temporale con del nevischio , e però sollecitò la partenza volendo tenersi celato a quei d’Amlipoli, .salvo clic ai complici del tradimento ; perocché abitavano in quella città alcuni di Argilo, colonia degli Andrii, ed a Uri che favoreggiavano questo trattato, parte mossi da Perdicca, parte da’Calcidesi. Ma in questa trama adopravansi soprattutto quelli d’Argilo , si perchè vicinavano con Amfipoli , sì ancora perchè dagli Ateniesi erano avuti in sospetto di niale intenzionati contro questa città : laonde quando si of-

ferse l’occasione all’arrivo di Brasida, che già moltò prima teneva delle pratiche con quei di loro che avevano preso casa in Amfipoli, trattavano del modo onde si dovesse rendere quella città. E non solo lo ricevettero in Argilo; ma ribellatisi agli Ateniesi, in quella medesima notte prima dell’alba collocarono l’esercito presso al ponte del fiume da cui Amfipoli è distante un poco più della larghezza del fiume stesso. Non vi erano ancora state tirate le mura come adesso, ma vi stava piccolo presidio, cui Brasida respinse agevolmente mediante il tradimento, il temporale e l’improvviso assalto. Traversato così il ponte s’impadronì delle cose fuori di città appartenenti agli Amfipolitani che abitavano tutto quel luogo.

Il suo tragitto inaspettato per quei di citili, l' arresto di molli di quei di fuori, e l' essersi altri rifugiati dentro le mura, mise in grave scompiglio gli AmGpolitani, tanto più che non si fidavano l’uno dell’altro. E si dice che se Brasida non avesse voluto voltarsi colle sue genti al saccheggio, ma si fosse tosto diretto contro la città , l’avrebbe probabilmente espugnata. Il fatto sta che fermato il campo scorrazzava la campagna ; e vedendo che dalla parte di quei di città nulla succedeva di quanto si aspettava , se ne stette quieto. Intanto quei che erano avversi ai cospiratori prevalendo di numero operarono sì che le porte non vennero subito aperte , e spedirono alcuni insieme col generale Eucleo, che inviato dagli Ateniesi comandava il presidio della città, domandando pronto soccorso all’altro generale di Tracia , Tucidide di Oloro. scrittore di queste istorie, il quale era nell’ isola di Taso colonia de’ Parii, distante da Amfipoli circa mezza giornata di mare. A questo avviso partì egli subito colle sette navi che erano colà, volendo soprattutto arrivare ad Amfipoli prima che ella cedesse in uulla, o almeno assicurarsi per tempo di Eiona.

Tra questo , Brasida temendo del soccorso delle navi di Taso, e informato che Tucidide aveva il dappresso in Tracia il lavorio delle miniere d’oro , per cui era uno dei più potenti di terraferma , si affrettava di occupar la città , se fosse possibile prima della sua venuta, perchè il popolo amfipolitano all’arrivo di lui non ricusasse di rendersi , per la speranza ch’ei lo potesse salvare colle forze raccolte dalla Tracia e dal mare. Però proponeva discreto accomodamento per via d’un bando , ove dicevasi : che tanto i cittadini di Àmfipoli, quanto gli Ateniesi che ivi si trovavano, potessero restare , se loro piacesse, al possedimento delle proprie cose, godendo con piena egualità dei diritti di cittadinanza : chiunque poi non stesse contento a ciò , dovesse partire dentro cinque giorni portando seco quel che aveva. :