History of the Peloponnesian War
Thucydides
Thucydides. Della storia di Tucidide volgarizzata libri otto. Anonymous translator. Florence: Tipografia Galileiana, 1835.
Di qui ornai incomincia là guerra degli Ateniesi e Peloponnesi, e dei loro scambievoli alleati, nel processo della quale non praticavano più tra loro senza il Caduceo ; ma intrapresa che l' ebbono, guerreggiavano continuamente. Ella è esposta, secondo l’ordine dei fatti accaduti, per estati e per inverni.
La tregua dei trent9 anni, fatta dopo la presa di Eubea, dvea durato quattordici : ma nel decimoquinto, essendo Criside già da quarantott’ anni sacerdotessa in Argo, Enesio eforo in Sparta, e Pitodoro ancora per un bimestre arconte in Atene, sei mesi dopo la battaglia di Potidea, al cominciar della primavera poco più di trecento Tebani, guidati da Pitàngelo figliolo di Filida, e da Diemporo di Onetoride, ambidue Beotarchi, sul primo sonno entrarono armati in Platea della Beozia, città confederata con Atene, invitati da alcuni Plateesi che apersero loro le porte (ciò furono Nauclide e i suoi partigiani), i quali a procacciarsi potenza, volevano trucidare i cittadini della
fazione contraria, e soggettare la città ai Tebani. La trama riuscì, favoreggiandoli Eurimaco figliolo di Leonziade, personaggio potentissimo in Tebe: perocché i Tebani, prevedendo insorgerebbe la guerra , innanzi che ella manifestamente scoppiasse, e mentre ancora durava la pace, bramavano preoccupare Platea città mai sempre loro nemica. Il perchè, non essendovi di prima posta guarnigione , agevolmente e non avvertiti vi entravano : e fermatisi armati nella piazza, non vollero, secondo che gli confortavano quci che li avevano introdotti, venir subito ai fatti ed investire le case dei nemici. Erano anzi di avviso di usare gride discrete, e piuttosto indurre ad amichevole accomodamento la città, stimando che per queste maniere ella si sarebbe più facilmente accostata alla loro parte. Promulgavano adunque per il banditore , che qualunque , conforme la patria usanza di tutti i Beozii, volesse entrar nella lega, prendesse le armi coi Tebani.Come i Plateesi sentirono essere i Teban» già dentro le mura, ed occupata improvvisamente la città, credettero vi fossero entrati in numero assai maggiore, perché essendo notte non li scorgevano : ed impauriti calarono agli accordi, accettarono le condizioni, e restarono tranquilli ; tanto più che i Tebani non facevano contro chicchessia stranezza veruna. Ma mentre ancora trattavano ciò, osservarono non esser molti i Tebani, e giudicarono facile la vittoria, assalendoli ; essendo che il popolo di Platea mal volentieri ribellavasi agli Ateniesi. Risolvettero adunque esser ciò da tentare ; e per tener colloquio tra loro sfondavano le pareti comuni delle case per non esser visti correr le strade, a traverso delle quali mettevano carri senza giumenti per servir di barricate, e accomodavano le altre cose come e dove credevano che sarebbe utile pel momento. Ordinato tutto il meglio potevano, si scagliarono dalle case sopra i Tebani, cogliendo il ponto
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che era ancor notte, e propio in sull’ albeggiare, perchè temevano di trovarli più arditi in piena luce, e perchè e' non potessero oppor loro egual resistenza. Anzi rendendosi essi nella notte più formidabili per la pratica che avevano della città, speravano resterebbero i Tebani sopraffatti : però li assalirono immantinente e vennero tosto alle mani.I Tebani conosciuto lo sbaglio si ristrignevano tra loro, e respingevano gli assalitori dalla parte onde gli investissero. Due o tre vohe gli ributtarono; ma finalmente, serrandosi loro addosso i Plateesi con furia strepitosa, e ad un’ora stessa le donne e i servi tra gli schiamazzi e gli urlamenti percuotendoli dalle case con sassi e tegole, e di più caduta essendo nella notte dirotta pioggia , impaurirono; e voltata faccia fuggivano per la città tra il fango ed il buio (perchè la cosa accadde sul finir del mese) senza sapere i più ove scampare , ed incalzati da gente ben pratica da non lasciarli scapolare ; così che per la maggior parte erano trucidati. Un plateese serrò la porta onde erano entrati, la sola che fosse aperta, mettendo negli anelli per catenaccio la punta della lancia, talché neppure per quella potevano uscire. Perseguitati adunque per la città alcuni salirono sulle mura e si precipitarono fuori, morendovi i più ; alcuni con una scure prestata loro da una donna ruppero di soppiatto la sbarra di una porta abbandonata, e pochi ne uscirono perchè la cosa fu presto risaputa ; altri erano qua e là uccisi sparsamente per la città. Ma il maggior numero,e sopra tutto quelli che si erano ristretti insieme, si cacciano in un gran torrione delle mura, la ^ porta per avventura non era chiusa, credendo esser quel torrione una porta della città, e che sicuramente desse usata per fuori. I Plateesi vedendoveli incappati deliberavano, se così come si trovavano ve li avessero a bruciare dando fuoco al torrione, ovvero trattarli altramente.
Finalmente costoro, e tutti gli altriTebani che restavano ancora vagando per la città, convennero co’ Plateesi di rendersi a discrezione, ponendo giù le armi. Così procederono le cose per quelli entrati in Platea.Gli altri Tebani poi che col corpo dell’esercito dovevano giugnervi prima che finisse la notte, caso che per gli entrati andasse qualche cosa in sinistro, udito per via l' accaduto ( già che Tebe è distante da Platea settanta stadi) si avanzavano per soccorrerli. Ma l’acqua caduta nella notte li rese più lenti nel cammino ; imperocché il fiume Asopo aveva menato gran corrente, ed era difficile guadarlo. Marciando pertanto con la pioggia, e passato il fiume a gran pena, arrivarono troppo tardi, quando già quei di dentro erano stati parte trucidati, parte fatti prigioni. Appena i Tebani riseppero ciò, pensarono di tendere agguati ai Plateesi che erano fuori di città ; conciossiachè , come suole intervenire in un disastro inaspettato ed accaduto duranti le tregue, la gente con le masserizie era sparsa alla campagna. Era anche loro intendimento , ove arrestassero qualcuno , di ritenerlo in iscambio dei loro rimasti prigioni in città, posto che alcuno sopravvivesse. Ciò andavano ravvolgendo nell’animo : ma i Plateesi, mentre che costoro stavano tuttora deliberando, vennero in sospetto di ciò che poteva accadere, e temendo per quei di fuori, spedirono un araldo ai Tebani , richiamandosi dell’ ingiuria fatta loro per aver tentato di occupar Platea in tempo di tregua, ed intimando non malmenassero le cose di fuori : altramente, soggiugnevano, ucciderebbono quei di loro gente che ritenevano vivi, dove, ritirandosi dal territorio, li restituirebbero. In questa guisa raccontano il fatto i Tebani, e dicono che i Plateesi vi aggiunsero il giuramento. I Plateesi, all’opposto , non convengono d’aver promesso di rendere addirittura i prigionieri, ma solo quando nell’abboccamento
che doveva tenersi prima tra loro si fossero, in qualche modo, trovati d' accordo ; e negano d' avervi aggiunto il giuramento. Comunque sia, i Tebani si ritirarono dal ter» ritorio, senza averlo punto danneggiato. E i Plateesi, introdotto prima frettolosamente in città tutto ciò che era in campagna, ammazzarono subito i prigioni i quali erano cent’ottanta, tra questi Eurimaco con cui avevano condotto il maneggio quei che volevano tradir la patria.Fatto ciò mandarono avviso ad Atene, restituirono con salvocondotto i cadaveri ai Tebani, ed ordinarono lo stato della città nel modo il più acconcio alle cose presenti. Gli Ateniesi ragguagliati tostamente dei fatti di Platea y arrestarono subito quanti Beozi erano nell’Attica, e spedirono araldo ai Plateesi con ordine di dir loro che non facessero innovazione su quei Tebani che avevano prigionieri, prima che anche in Atene si fosse risoluto qualche cosa intorno ad essi. Ignoravano gli Ateniesi che i prigioni erano stati morti, essendo partito il primo nunzio in subentrar dei Tebani, ed il secondo appena ch' ei furono vinti e rinchiusi : laonde erano, interamente all’ oscuro dei fatti posteriori, e però avevano mandato quell’ araldo, che al suo arrivo trovò coloro già uccisi. Allora gli Ateniesi mandarono delle truppe a Platea, portaronvi vettovaglie , lasciaronvi presidio, e condussero via gli invalidi colle donne ed i bambini.