History of the Peloponnesian War
Thucydides
Thucydides. Della storia di Tucidide volgarizzata libri otto. Anonymous translator. Florence: Tipografia Galileiana, 1835.
Circa questo tempo gli Ateniesi cominciarono a fabbricare le mura lunghe verso il mare, che da una parte arrivano a Falera, dall’altra al Pireo. I Focesi volsero le armi contro Beo, Citinio ed Erineo castelli dei Dorii dai quali discendono i Lacedemoni, e si fecero padroni di uno di quelli. I Lacedemoni condotti da Nicomede figliolo di Cleombroto, che comandava in luogo del re Plistoanatte ancor giovinetto figliolo di Pausania, corsero in aiuto dei Dorii con millecinquecento dei loro di grave armatura e diecimila alleati ; e costretti i Focesi a
render per capitolazione il castello , tornavano indietro» Ma al loro ritorno trovaronsi in pericoloso frangente ; conciossiachè se volessero per la via di mare tragittare il seno di Crisa, gli Ateniesi volteggiando colle navi erano pronti ad opporvisi ; senza che, il passaggio per Geranea pareva mal sicuro, occupando gli Ateniesi Megara e Pege, e disastroso era il cammino per a quella, guardata continuamente dagli Ateniesi : e comprendevano bene die anche da cotesto lato si sarebbero opposti. Per pensare adunque al modo più sicuro del passare innanzi fermaronsi presso i Beozi, tanto più che segretamente ne li confortavano alcuni di Atene i quali speravano abolire il governo popolare, e frastornare l' edificazione delle mura lunghe. Gli Ateniesi a stormo accorservi contro, con raggiunta di mille Argivi e di altri alleati secondo le forze di ciascheduno (ciò furono in tutti quattordicimila); perchè giudicavano non saprebbero per dove aprirsi il passo, e perchè bucinavasi si cercasse abolire il governo popolare. Si uni con gli Ateniesi per patto di alleanza atlche la cavalleria tessala che nel forte della ¿üiFa passò ai Lacedemoni.Vennero a giornata a Tanagra della Beofcia con grande strage da ambe le parti , ma Con la vittoria dei Lacedemoni, i quali si avanzarono sul territorio di Megara , e diboscando le vie tornarono a Casa a traverso Geranea e l' istmo. Sessantadue giorni dopo la battaglia gli Ateniesi condotti da Mironida rivolsero le armi contro i Beozi, e vincitori nel combattimento dello Enofite si impadronirono del territorio beotico e della Focidc, e rovinarono le mura di Tanagra. Presero altresì cento ostaggi dei più ricchi tra' Locri Opunzii, e compirono le loro mura lunghe. Dopo questi avvenimenti gli Egineti si arresero agli Ateniesi a condizione di demolir le mura, consegnare le navi ed accettare le imposizioni da pagarsi
in avvenire. Poscia gli Ateniesi sotto la condotta di Tolmida figliolo di Tolineo fecero per mare il giro del Peloponneso , incendiarono l' arsenale de' Lacedemoni, presero Calcide città dei Corintii, e vinsero in battaglia i Sicionesi che vollero opporsi al loro sbarco.L’esercito ateniese che con gli alleati che era in Egitto vi restava tuttora, e la guerra avea preso per loro molte forme diverse. Conciossiachè da prima essendo gli Ateniesi padroni dell’ Egitto, il re Artaserse spedisce a Sparta Megabazzo gentiluomo persiano con buona somma di denaro, per confortare i Lacedemoni ad invadere l’Attica e così divertire gli Ateniesi dall' Egitto. Ma vedendo Megabazzo che l’affare non si incamminava a buon fine, e che spendeva senza prò, si ricondusse in Asia col resto del denaro. Allora Artaserse spedisce in Egitto con molta gente un altro Megabazzo signore persiano figliolo di Zopiro, il quale andato colà per terra superò in battaglia i ribelli Egiziani co’ loro alleati, e cacciò da Memfi i Greci, cui finalmente riserrò nell’ isola Prosopitide. Ivi li teneva assediati diciotto mesi, sino a che dissecò il canale voltandone altrove le acque , e ridotte le navi in secco e la maggior parte dell’ isola in terraferma, vi passò colla fanteria e se ne fece padrone.
Per questo modo dopo sei anni di guerra andarono colà rovinate le cose dei Greci ; e di quella numerosa armata , pochi passando per la Libia giunsero a salvamento in Cirene , mentre la maggior parte vi perirono. L’Egitto ritornò tutto all’obbedienza del re , salvo Amirteo signore delle paludi, per la vastità delle quali non potè esser vinto, e perchè gli abitatori di quelle sono tra gli Egiziani i più valorosi guerrieri. Inaro re dei Lìbii autore di tutte le turbolenze dell’ Egitto fu preso a tradimento e messo in croce. Cinquanta navi poi degli Ateniesi e degli altri alleati che navigavano verso l' Egitto
per succedere alle prime, approdarono, senza saper nulla dei fatti accaduti, al ramo del IN ilo chiamato Mendesio. Ma la fanteria nemica dalla parte di terra e la flotta fenicia dal mare le assalirono, e ne distrussero la maggior parte : poche dando addietro si sottrassero colla fuga. Tale fu il termine di questa grande spedizione in Egitto fatta dagli Ateniesi insieme co9 loro confederati.Oreste, figliolo diEchecratida , re dei Tessali, trovandosi bandito dalla Tessaglia pregò gli Ateniesi a ricondurvelo. Questi unirono le armi con i Beozi ed i Focesi loro alleati, e marciarono contro Farsalo della Tessaglia : ma impediti dalla cavalleria tessala occuparono soltanto quel poco spazio di terreno che potevano non dilungandosi molto dal campo, e non riuscirono a prendere la citta , nè operare verun’ altra cosa di quelle per cui si erano mossi ; laonde insieme con Oreste si ritirarono senza aver conchiuso nulla. Non molto dipoi mille Ateniesi condotti da Pericle figliolo di Xantippo salirono sulle navi che avevano a Pega ( della qual città erano padroni ) e radendo la costa passarono a Sicione, ove nel fare scala superarono in battaglia quei Sicionesi che erano venuti a combatterli. Quindi pigliarono immediatamente seco gli Achei, e tragittarono alla parte opposta del golfo per portar l’armi contro Eniade città dell’Acarnania. La cinsero d’assedio , ma non avendo potuto espugnarla ritornarono a casa.
Passati tre anni i Peloponnesi e gli Ateniesi fanno tregua per cinque anni : il perchè gli Ateniesi si ritenevano dal far la guerra in Grecia, mentre che guidati da Cimone si volsero contro Cipro con dugento navi tra di loro e degli alleati ; sessanta delle quali fecero vela per r Egitto a richiesta d’Amirteo signore delle paludi, le altre assediavano Cizio. Venuto a morte Cimone, e fattosi carestia gli Ateniesi si ritirarono da Cizio, e in tragittando
al disopra di Salamina di Cipro combatterono ad un tempo stesso per mare e per terra co’ Fenici, co' Ciprii e coi Cilicii, ed avuto vittoria in ambedue le battaglie tornarono a casa di conserva colle navi che venivano d’Egitto. I Lacedemoni dipoi intrapresero la guerra chiamata sacra, e insignoritisi del tempio di Delfo lo consegnarono ai Delfi« Alla loro partita vi tornarono gli Ateniesi a mano annata, e vinti i Delfi lo restituirono ai Focesi.Passato qualche tempo, avendo i fuorusciti di Beozia occupato Orcomeno e Cheronea ed alcune altre terre della Beozia , gli Ateniesi condotti daTolmida figliolo di Tolmeo con mille dei loro soldati di grave armatura e con quanti alleati poterono, andarono ad oste contro cotesti luoghi divenuti loro nemici, espugnarono Cheronea, ne misero in servitù i cittadini, e lasciatovi presidio levarono il campo. Ma come marciando furono pervenuti presso Coronea, i banditi Beozii ed Eubeesi con quanti erano della medesima fazione, e con essi i Locresi, usciti da Orcomeno gli assaltano ; gli Ateniesi, vincitori nella battaglia parte ne uccisero, parte ne fecero prigionieri ; i quali fatta tregua a condizione di riavere i prigionieri, abbandonarono interamente la Beozia. Così i fuorusciti Beozii con tutti gli altri tornarono alla patria e racquistarono libertà.
Non molto dopo, l’Eubea si ribellò agli Ateniesi ; contro la quale passato Pericle con l’armata ateniese ebbe nuova che Megara era in sommossa , e i Peloponnesi in procinto d’invadere l’Attica e la guarnigione ateniese, salvo quei che erano rifuggiti a Nisea, trucidata dai Megaresi ; i quali prima di ribellarsi avevano tratto nella loro parte i Corintii, i Sicionesi e gli Epidaurii. Pericle adunque senza perder tempo ricondusse via l’armata dall’ Eubea. Al suo ritorno i Peloponnesi condotti da Pausania re dei Lacedemoni corsero l’Attica sino ad Eieusi e Trio e la
guastarono ; e senza procedere più oltre tornarono a casa. Allora gli Ateniesi sotto il comando di Pericle ripassarono nell9 Eubea, la soggiogarono tutta, e cacciati i soli Estiesi, le terre dei quali ritennero per sè , acconciarono per capitolazione lo stato delle altre parti.Tornati dall’Eubea fecero poco dopo la tregua dei trent' anni coi Lacedemoni e cogli alleati, restituendo ad essi Nisea , Acaia, Pega e Trezene che per loro si tenevano. Sei anni dopo nacque per conto di Priene guerra tra i Sanni ed i Milesii : questi sopraffatti nella guerra medesima ebbero ricorso ad Atene, ove accusavano i Samii, porgendo anche loro favore alcuni dei Samii stessi che aspiravano a cangiamento di governo. Gli Ateniesi adunque navigarono a Samo con quaranta navi, ordinaroiwi il governo popolare, presero in ostaggio dai Samii cinquanta fanciulli ed altrettanti uomini che depositarono a Lemno, e lasciato presidio a Samo partirono. Ma alcuni dei Samii che non avevano potuto sopportar ciò, ed erano scapolati in terraferma, fecero conspirazione con ipiù potenti rimasti in città, e con Pissutne figliolo d’Istaspe, allora governatore di Sardi ; e raccolti circa settecento soldati ausiliari, sul far della notte tragittarono in Samo. Assaltarono primieramente i popolani e ne presero la maggior parte : dipoi tolsero via i loro ostaggi da Lemno, ribellaronsi ad Atene, consegnarono a Pissutne la guarnigione ateniese con i capitani restati presso di loro, e tosto apparecchiavansi a portar le armi contro Miletoj essendosi con essi uniti alla ribellione anche i Bizantini.
Come gli Ateniesi seppero ciò fecero vela per Samo con sessanta navi, sedici delle quali non furono adoperate in questa impresa, perchè parte andarono in Caria osservando la flotta fenicia, parte in giro a Chio ed a Lesbo intimando i soccorsi. Pertanto colle quarantaquattro rimaste, sotto la condotta di Pericle e di altri nove capi-
tani, combatterono presso Fisola di Tragia contro setr tanta navi dei Samii, che tutte ritornavano da Mileto e venti delle quali servirono a trasportare le soldatesche ; c la vittoria fu degli Ateniesi. I quali, essendo giunte in loro aiuto quaranta navi da Atene e venticinque da Chio e da Lesbo, sbarcarono a terra ; e vincitori in battaglia terrestre cinsero la città di tre mura, tenendola nell’ istesso tempo assediata dalla parte di mare. Dipoi Pericle tolse seco sessanta delle navi che ivi stavano sull’ancora , ed andò speditamente a Cauno e in Caria, ricevuto avviso che la (lotta fenicia si avanzava contro di loro : tanto più che da Samo Stesagora ed altri erano con cinque navi andati ad incontrarla.Colsero i Samii questa occasione per uscire improvvisamente dal porto ; assaltarono il campo nemico non ordinato a difesa ; disfecero le navi dell’ antiguardia ed azzuffatisi con quelle che si avanzavano incontro ne riportarono vittoria, e restarono padroni del inare circonvicino circa quattordici giorni, introducendo e mandando fuori ciò che volevano: sino a che tornato Pericle furono nuovamente serrati dalle navi. Giunse poscia da Atene nuovo rinforzo di quaranta navi condotte da Tucidide , da Agnone e da Formione, ed altre venti poi condotte da Tlepolemo ed Anticle, con più trenta da Chio e da Lesbo. Diedero i Samii una debole battaglia navale, ma non potendo più resistere nel nono mese caddero in potestà degli Ateniesi, rendendosi a patti di demolir le mura , dare ostaggi, consegnare le navi e rimborsarli a rate delle spese occorse nella guerra. Anche i Bizantini accordaronsi di rimaner come prima sudditi degli Ateniesi.
Pochi anni dipoi le cose narrate, avvennero i fatti per me dichiarati di Corfù e di Potidea, e quanti altri frattanto diedero materia a questa guerra. Tutto ciò che fecero i Greci tra loro o contro il barbaro, accadde
nello spazio di cinquantanni che fu tramezzo alla ritirata di Serse ed al coininciamento di questa guerra ; nel corso dei quali anni gli Ateniesi consolidarono viemaggiormente il loro imperio ; e grandemente avanzarono il loro potere. Sapevanselo i Lacedemoni, ma lenti essendo anche di prima ad entrare in guerra, se non vi fossero astretti, e di più impediti dalle domestiche contese, non vi si opponevano per nessun modo, salvo che in qualche caso per breve durata, mentre che il più del tempo stavano inoperosi. Ma alla (ine come videro la potenza degli Ateniesi manifestamente innalzarsi ed essere inquietati i loro stessi alleati, allora giudicarono non esser più da tollerare; doversi anzi con ogni studio andar contro, e se possibil fosse abbattere la grandezza ateniese coll' imprendere questa guerra. Per lo che non solamente per proprio avviso i Lacedemoni decisero violata la tregua dagli Ateniesi, ma spedirono ancora a Delfo , domandando l' oracolo se movendo la guerra capiterebbero a buon fine. Raccontasi l’oracolo rispondesse che intraprendendola con tutte le forze sarebbero vincitori, e che egli, richiesto ono, porgerebbe loro soccorso.Pertanto invitarono nuovamente i confederati e vollero si rimandasse a partito la deliberazione di guerra. Andaronvi gli ambasciatori di tutta la lega, e tenutasi adunanza ciascuno espose il parer suo, accusando generalmente gli Ateniesi, e giudicando doversi far guerra. Ed i Corintii i quali, pel timore che Potidea fosse rovinata innanzi la decisione, avevano già pregato i legati di ciascheduna città a dare il voto per la guerra , essendo anche allora presenti, si fecero avanti gli ultimi e parlarono cosi.
« Valorosi alleati, noi non avremo più a dolerci che non abbiano anche gli stessi Lacedemoni decretato la guerra ; mentre per questo appunto ci hanno ora congregati. E di vero chi presiede deve mantenere l’egualità nel
governa mento dei suoi affari privati, ma essere il primo a travagliarsi nei comuui, in quella guisa medesima che nelF altre cose è avuto in onoranza sopra tutti. A quanti poi sono tra noi che hanno avuto che fare con gli Ateuiesi, non fa bisogno di ammaestramenti per imparare a guardarsene ; ma a quei che abitano più di lungi dal mare, e non sulle coste, fa bisogno sapere che, ove non soccorrano le terre marittime , si renderà loro più difficile il trasportare alla marina i frutti delle diverse stagioni, come all’ incontro il ricevere in compensazione dagli altri ciò che il mare porge alla terraferma. Per lo che non hanno ad essere cattivi giudicatori delle cose ora proposte quasi che per nulla loro appartengano ; ma debbono aspettarsi che abbandonando le terre marittime verrà anche sovr’ essi il flagello ; e comprendere che non meno dell’altrui si tratta ora della loro utilità ; motivo per cui non vuoisi da loro indugiare ad appigliarsi alla guerra più presto che alla pace. Conciossiachè è proprio degli uomini discreti lo star tranquilli se non sieno offesi ; dei generosi passar dalla pace alla guerra se sieno ingiuriati ; e se gli assista la fortuna , dalla guerra tornar nuovamente in pace senza insuperbire pel buono successo delle loro armi ; nè per godere di pacifico riposo lasciarsi sopraffar dagli oltraggi. Chi per quel godimento anneghittisce, andrà ben presto privo del diletto della sua negghienza , per lo cui amore poltrisce : chi pei felici successi della guerra va più là del dovere , si lascia , senza accorgersene, gonfiare da audacia mal sicura. Imperocché molti sono i disegni mal concepiti che hanno retto incontro a nemici poco avveduti ; ma sono anche più quelli i quali, tutto che sembrassero saviamente discorsi, nondimeno hanno sortito vergognoso riuscimento. Perchè la fiducia che si ha nel concepire i disegni non ci accompagna egualmente nell’ eseguirli : anzi nel concepirli ci anima il pensiero di sicurezza, dove il timore ci snerva nell’eseguirli.« Ora noi, con assai giusti litoli di querelarci pei oostri violati diritti, suscitiamo la guerra, ed a tempo la cesseremo, quando avremo preso vendetta degli Ateniesi. Per molte ragioui poi hassi a credere che saremo vincitori : primieramente perchè superiori nel numero e nella pratica della guerra , dipoi perchè tutti vi andiamo egualmente pronti agli ordini dei comandanti. E la flotta in che essi sono forti l'allestiremo con gli averi particolari di ciascuno , e col denaro depositato a Delfo e ad Olimpia. Perocché, prendendolo in prestanza, siamo in grado di cavar loro di sotto , coll’allettamento di maggior soldo , le ciurme forestiere, giacché le forze degli Ateniesi piuttosto che cosa loro propria sono prezzolate ; dove alle nostre, il cui vigore è fondato sulle persone non sul denaro , non abbiamo punto a temere che ciò addivenga. Probabilmente saranno essi spacciati con una sola vittoria navale : se poi resisteranno, noi avremo più tempo per esercitarci sulla marina ; e quando la nostra perizia agguaglerà la loro, saremo indubitatamente superiori almeno per il coraggio, pregio tutto nostro , a cui procacciare non valgono insegnamenti ; laddove la maggioranza della perizia loro noi possiamo torla di mezzo coll’ esercizio. Denaro ne contribuiremo tanto da averne a sufficienza per fornire le flotte : altrimenti sarebbe una indegnità che laddove gli alleati degli Ateniesi non rifiutino di pagare imposte per il loro servaggio , noi non volessimo spendere per procurarci salvezza colla vendetta dei nemici, e per non vedere stromento delle nostre sciagure quelle stesse ricchezze, delle quali verremmo da loro spogliati.
« Abbiamo inoltre altre vie per far la guerra; la ribellione degli alleati, mezzo il più efficace per dimir nuime le rendite in cui consiste il loro potere, l' edificazione di forti che ne minaccino il territorio e tutte le altre cose che ora non si potrebbero prevedere. Conciossiachè
la guerra non procede per le vie che sieno esposte in un’ arringa, ma di per sè stessa procura la maggior parte dei compensi secondo le occorrenze : nelle quali, chi la amministra, se si mantenga padrone della propria collera è più sicuro di sostenersi ; mentre chi si lascia condurre dallo sdegno suole ricevere gran crollo. Pur nondimeno consideriamo che se ciascuno di noi avesse contesa pei confini del territorio con nemici di forza eguale , ciò potrebbe tollerarsi : ma nel caso presente , gli Ateniesi forti abbastanza contro noi tutti insieme, lo sarebbero molto più di fronte ad ogni particolar città ; cosi che se popolo per popolo e città per città non ci uniremo concordemente a difenderci , ci soggiogheranno senza fatica , appunto perchè divisi. E la nostra disfatta ( tutto che terribile a rammentare) sappiate dover sicuramente portare non altro che il servaggio, e far si che molte città sieno soggette ad una sola : avvilimento, la cui sola dubitazione in parlandone è un’ infamia pel Peloponneso. Allora o parrebbe meritata la nostra sciagura, o che per codardia la sopportiamo, degeneranti in ciò da'padri nostri che diedero libertà alla Grecia, dove noi non sappiamo mantenerla nemmeno per noi stessi : anzi permettiamo che una sola città ci ponga da tiranna i piè sul collo, mentre pretendiamo sterminare i tiranni che ad una sola comandino. E non ci accorgiamo che cosi procedendo non andiamo esenti da uno di questi tre grandi vituperi , o imprudenza , o dappocaggine, o trascuranza. Kè, stimando di sfuggire coteste tacce, vogliate ricorrere a chiamar ciò dignitosa noncuranza dei nemici, la quale per aver già causato la rovina di molti ha cambiato il suo nome con quello di inconsideratezza.« Ma a che prolungare i rammarichi sul passato più di quel che richiede l'utilità del presente ? Dobbiamo piuttosto applicar le nostre fatiche ai disordini che
possono avvenire , soccorrendo le cose presenti. Ciò richiede il vostro patrio costume di procacciarvi virtù colle fatiche, e non dovete dipartirvene tutto che cresciuti alcun poco in ricchezza e potenza ; porche dritta cosa non è perdere nell9 opulenza i pregi acquistati nella povertà. Dovete anzi correre pieni d’ ardire alla guerra , tante essendo le cagioni che vi ci spingono , e la risposta del Nume che vi promette soccorso, e tutto il resto della Grecia, che o per paura o per proprio vantaggio è pronta a sostenervi. Nè sarete voi i primi a rompere gli accordi: il Nume stesso, ordinando la guerra, li reputa violati ; e perchè violati voi ne sarete piuttosto i difensori : imperocché non trasgredisce gli accordi chi rispinge P assalitore, ma chi incomincia le ostilità.« Laonde essendo da ogni lato di vostro decoro la guerra, ed essendone richiesti da noi per comune consentimento , ove sia indubitabile che ella arrechi vantaggio a tutte le città ed a ciascun cittadino, non tardate a soccorrere i Potideati, gente dorica, assediata ora dagli Ionii (in contrario di ciò che prima avveniva) e a rivendicare così l’altrui libertà. Poiché non è oggimai più da soffrire che pel nostro indugio alcuni sieno già sotto il flagello, ed altri s’ abbiano in breve a trovare nel caso stesso , qualora , a malgrado di questa nostra adunanza, gli Ateniesi conoscano non bastarci la vista di opporci a loro. Ma credendovi astretti, o valorosi alleati, dalla necessità, e stimando questo nostro consiglio il migliore, decretate la guerra, non scoraggiandovi per i mali del momento , ed innamorando di quella pace che più durevole ne conseguiterà. Essendoché per la guerra viemaggiormente si conferma la pace, dove ischifar la guerra per amor di tranquillità non è per egual modo senza pericolo. E reputando che la città innalzatasi a tiranna della Grecia abbia esteso la sua tirannia su tutti i Greci egualmente, cosicché sovra
alcuni abbia ornai impero, e su gli altri aspiri ad averlo, corriamole incontro per abbatterla, per vivere noi stessi in avvenire senza pericolo, e per ritornare a libertà i Greci tenuti ora in servaggio ». Cosi parlarono i Corintii.I Lacedemoni udito il parere di tutti proposero il partito a quanti alleati erano presenti, incominciando per ordine dalla più potente (ino alla più piccola città. La maggior parte dei voti furono per la guerra: ma nonostante che avessero così decretato, non potendo, sprovveduti com’ erano , intraprenderla subito, risolsero che ciascuno allestisse prontamente il bisognevole; pure consumarono quasi un anno nell' ordinare il necessario apparecchio , prima di invader l’Attica e muovere apertamente la guerra.
Mandavano infrattanto legati ad Atene facendo le loro doglienze, per avere, se non fossero uditi, il più ragionevol pretesto di muovere le armi. Colla prima ambasciata i Lacedemoni commettevano agli Ateniesi, purgassero la sacrilega contaminazione di Minerva, che consisteva in questo. V’ era un tal Cilone ateniese nobile di antico lignaggio e potente , stato vincitore nei giuochi olimpici, che aveva in moglie una figliola di Teagene megarese, tiranno allora di Megara. Consultando egli l’oracolo di Delfo, ebbe in risposta dal Nume che nella gran festa di Giove occupasse la rocca d' Atene. Pertanto egli oltre gli amici che aveva indotti a secondarlo ottenne gente da Teagene, e celebrandosi le feste olimpiche del Peloponneso occupò la rocca per farsi tiranno, credendo che quella fosse la gran festa di Giove , e che in qualche modo lo riguardasse come vincitore nei giuochi olimpici. Ma se nella risposta s’intendesse la gran festa dell’Attica o di altro luogo, nè egli lo aveva osservato nè l' oracolo lo dichiarava. Ed invero anche gli Ateniesi hanno fuori della città le Diasie, dette la gran festa di Giove Melichio ,
nella quale molti del popolo di ogni condizione sacrificano non vittime di animali, ma figure di pasta secondo l’usanza del paese. Pure avvisando egli di bene intendere la risposta , tentò l’impresa. Gli Ateniesi n’ ebbero sentore ; e corsi in folla dalle campagne contro di quelli, si fermarono presso la rocca e gli assediavano. Ma prolungandosi il tempo, gli Ateniesi logorati dall’assedio per la maggior parte se ne andarono, dando intera facoltà ai nove arconti di ordinare le cose nel miglior modo potevano , si per la guardia che per il rimanente, perocché allora il più delle cose pertinenti al civile govemamento si amministrava per i nove arconti. Gli assediati con Cilone si trovavano in cattivo stato per carestia di vettovaglia e d' acqua. Cilone e il suo fratello riescono a fuggire, e gli altri ridotti a strettezze tali che alcuni morivano di fame , si assidono supplichevoli presso l’altare della rocca. Quelli cui dagli Ateniesi era stata affidata la cura di guardarli, vedendoli andar morendo nel luogo sacro li fecero alzare, promettendo non far loro alcun male. Ma appena gli ebbero condotti fuori, gli uccisero, e nel procedere oltre trucidarono anche alcuni che sedevano presso gli altari delle Eumenidi. In conseguenza di questo fatto, essi e la loro discendenza erano chiamati i sacrileghi oltraggiatori della Dea. Pertanto gli Ateniesi li avevano cacciati via dalla città ; e nuovamente gli cacciò Cleomene re di Sparta sostenuto dagli Ateniesi venuti in sedizione tra loro : né solamente bandirono i vivi, ma dissotterrarono e gettarono fuori delle loro terre le ossa dei morti. Pure quei banditi vi ritornarono dipoi, e si trova tuttora in città la loro schiatta.